Necessità di compiere buone opere

7° Domenica dopo Pentecoste
(Terza omelia)
Necessità di compiere buone opere
«Ogni albero che non produce frutti buoni, sarà tagliato e gettato nel fuoco»
(Matteo 7,19)

Questa parabola, fratelli miei, non è difficile da comprendere.
Siamo precisamente noi quest'albero che Gesù Cristo ha piantato nel seno della sua Chiesa, che ha coltivato con le sue cure, con le sue fatiche e con le sue sofferenze, e in tal modo ci ha resi degni, con la sua morte e passione, di produrre opere in grado di essere ricompensate per l'eternità.

Ma Egli ci minaccia di punirci nella sua collera, e di gettarci all'inferno, se non facciamo il bene, cosa che possiamo fare facilmente per i meriti della sua morte e passione, e con l'istituzione di questa santa religione nella quale abbiamo il grande onore di essere nati e nutriti.

Perciò, fratelli miei, il buon Dio ha il diritto di aspettarsi che noi compiamo delle opere capaci di glorificarlo e di dargli il modo di ricompensarci nell'altra vita.

Noi siamo in questo mondo come quest'albero, di cui ci parla il salmista, dicendo che dobbiamo essere «come un albero piantato lungo corsi d'acqua, che produce frutti in abbondanza e a suo tempo, capaci di rallegrare il suo padrone».

Sì, fratelli miei, ogni uomo le cui azioni non siano buone, anche se queste non fossero cattive, è tuttavia, agli occhi di Dio, un albero sterile, che sarà tagliato e gettato nel fuoco eterno.
Ahimè! quanti cristiani si perdono, per non aver ben riflettuto su questa verità!

Sì, fratelli miei, ecco com'è la vita dei cristiani, o almeno della maggior parte di essi: gli uni passano il loro tempo a compiere solo opere cattive; gli altri si accontentano solo di non compierne di cattive, ma non ne fanno nemmeno di buone; altri, infine, ne fanno di buone, ma non dovrebbero farle, perchè non convengono loro, nello stato in cui si trovano; e molto pochi sono coloro che compiono buone opere che piacciono a Dio, e che saranno ricompensate nell'eternità.

Ma, per farvelo meglio comprendere, fratelli miei, vi mostrerò:
1°- la necessità in cui ci troviamo, di fare delle opere buone, se vogliamo salvarci;
2°- quali sono le opere buone che il buon Dio si aspetta da noi, sia in generale che in particolare.

Volere convincervi, fratelli miei, della necessità in cui siamo, di dover compiere delle buone opere, di dover praticare le virtù che si addicono allo stato in cui il buon Dio ci ha posti, è come se volessimo dimostrare a un domestico la necessità di fare ciò che il padrone si attende da lui, per ricevere il suo salario alla fine dell'anno (sic).

Allo stesso modo, fratelli miei, sappiamo benissimo che noi tutti, cristiani e nati nel seno della Chiesa cattolica, siamo sulla terra unicamente per fare tutto il possibile per glorificare il buon Dio, e per dargli modo di ricompensarci.

Se si rimproverano a questi cristiani tiepidi la loro indifferenza e la loro freddezza nel servizio di Dio, sia nelle loro preghiere, sia nella frequenza dei sacramenti, essi vi rispondono che non fanno niente di male.

Voi dite che non fate nulla di male, cosa molto difficile da credere, ma, quandanche non faceste nulla di male, se poi non fate niente di bene, e cioè delle buone opere, se non praticate le virtù che si addicono al vostro stato, voi non eviterete di essere dannati.

Ascoltate san Paolo, che ha convertito tante anime a Gesù Cristo, dopo tutto quello che ha fatto per contribuire alla gloria di Dio, dopo una infinità di buone opere, dato che tutta la sua vita ne è stata una catena ininterrotta: «Ahimè! dice, io temo che dopo aver insegnato agli altri ciò che dovevano fare per andare in Cielo, non venga io stesso riprovato».

Ascoltate ancora san Francesco di Sales, quest'uomo le cui virtù saranno ammirate per tutti i secoli: «Ahimè! grida, quando penso a come io abbia speso questo tempo prezioso, che il buon Dio mi aveva donato unicamente per compiere delle buone opere, io tremo per il timore che Egli possa negarmi la sua felice eternità».

Diciamo piuttosto, fratelli miei, che questo è il linguaggio di tutti i santi.
E noi, fratelli miei, che non abbiamo nè pietà, nè religione, osiamo assicurare temerariamente che non facciamo nulla di male! Mio Dio! quale accecamento intorno alla nostra salvezza!
Quanti poveri cristiani ora bruciano all'inferno, i quali, con il pretesto che non facevano nulla di male, non si sono dati da fare per compiere il bene, e si sono perduti!

Sì, fratelli miei, anche se ciò fosse vero, e voi non aveste questi vizi grossolani, che sono indegni di un cristiano, e perfino di una creatura ragionevole, anche se non apparteneste al numero di quegli avari che non perdono l'occasione per accumulare i beni, che non si fanno scrupolo di lavorare nel santo giorno di Domenice, e di imbrogliare il loro prossimo; anche se voi non foste degli ubriachi, che, a causa del vino, diventano meno ragionevoli di una bestia bruta; e anche se voi non apparteneste al numero di questi vecchi luridi, infami e impudichi, che si trascinano e si rotolano nel fango e nelle gioie di quelle sporche voluttà; se tuttavia, fratelli miei, malgrado ciò, voi non farete delle buone opere, voi non entrerete mai nel Regno dei cieli, perchè sapete bene come me, che per andare in Cielo bisogna necessariamente fare delle cose: ossia evitare il male e compiere il bene.
Adempiere a uno solo di questi due obblighi, e mancare all'altro, equivale a non fare nulla.

Ad esempio, se voi faceste delle grandi penitenze, e donaste molto ai poveri, questo andrebbe benissimo; ma, se insieme a questo, voi non evitaste il male che è in vostro potere, se intratteneste nei vostri cuori sentimenti di odio, di vendetta, contro il vostro prossimo, se sparlaste di lui, se lo giudicaste temerariamente, se voi lasciaste trascinare i sentimenti del vostro cuore nei luridi pensieri dell'impurità e dell'orgoglio, tutte le vostre buone opere non varrebbero nulla, perchè un solo peccato distrugge tutto il merito di quel bene che avete fatto (in perfetta linea con le Scritture: Giacomo 2,10!; e con l'assioma filosofico già citato: “bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu”, ossia “se non è tutto, non è niente”; n.d.a.).

Ma dall'altro lato, anche se voi foste ben regolati nei vostri costumi, non facendo torto a nessuno, evitando il male meglio che potete, se, insieme a ciò, non praticate il bene, voi non fate che la metà di ciò che dovreste fare, e, secondo lo stesso Gesù Cristo, non evitereste di essere dannati (Matteo 25,30, citato dallo stesso curato; n.d.a.).

Ma, fratelli miei, se volete convincervi, in modo da non poterne più dubitare, che, anche se non facciamo nulla di male, se poi non facciamo il bene, saremo ugualmente perduti, ascoltate Gesù Cristo il quale pronuncia il suo giudizio unicamente sull'omissione delle buone opere che avremmo dovuto fare durante la nostra vita.
«Allontanatevi da me, maledetti! andate nel fuoco eterno, preparato per il demoniuo e per coloro che lo hanno imitato.
Io ho avuto avuto fame e sete, e non mi avete dato da mangiare nè da bere; sono stato malato e prigioniero, e voi non siete venuti a visitarmi; Io sono stato nudo, e voi non mi avete vestito».

Sant'Agostino ci dice che è come se Gesù Cristo ci dicesse: «No, no, peccatori disgraziati, non è affatto per il motivo che voi credete che Io vi condanno, e nemmeno per aver commesso grandi crimini; perchè se aveste fatto delle buone opere, con esse li avreste cancellati, e se aveste riscattato i vostri peccati con l'elemosina, come avreste potuto fare, Io non vi avrei mai condannato.
Ma poichè avete omesso di fare le buone opere, e perchè non avete compiuto il bene che mi aspettavo da voi, Io vi riprovo e vi condanno alle fiamme eterne.
Andate, disgraziati, voi vivevate senza fare del bene, allontanatevi da me; voi non vedrete mai il mio Volto, che avrebbe fatto tutta la vostra felicità, nel Cielo».

Volete ancora un'altra prova che ci mostri, come meglio non si potrebbe, la necessità di compiere buone opere per andare in Cielo? Ascoltate Gesù Cristo: «Venite, benedetti del Padre mio, per prendere possesso del Regno che vi è stato preparato fin dalla fondazione del mondo; perchè ho avuto fame, e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete, e mi avete dato da bere; sono stato in prigione e ammalato, e mi avete visitato; sono stato nudo, e mi avete fatto la carità di coprirmi» (Matteo 25,31-46).

Che cosa dobbiamo concludere da tutto ciò, fratelli miei? Nient'altro se non che, se non facciamo buone opere, anche se non avessimo fatto alcun male, non eviteremmo di essere perduti.
E così vediamo che il nostro divin Salvatore ci paragona, ora a un lavoratore che semina per raccogliere, e che non raccoglie se non semina, e che non raccoglie niente, se non semina niente; ora a un fico che il padrone di casa ha piantato nella sua vigna; Egli lo pota, lo coltiva con cura, nella speranza che porti frutto; ma, vedendo che non ne porta, anche se non produce frutti cattivi, lo taglia e lo getta nel fuoco.

Altre volte Gesù Cristo paragona il Paradiso al salario che si dà all'operaio che abbia svolto il suo compito.
Ditemi, ciò non significa mostrarci che Gesù Cristo non donerà il suo Paradiso se non a coloro che lo abbiano meritato con le loro buone opere?

Guardate Gesù Cristo, che è il nostro modello: è rimasto mai un solo istante della sua vita senza lavorare a compiere opere buone, a convertire le anime a suo Padre, e a soffrire?

E noi, miserabili come siamo, noi vorremmo che non ci costasse nulla?
No, no, fratelli miei, non sarà così.
O noi faremo delle buone opere, o saremo dannati, sebbene non avessimo fatto alcun male.

Considerate adesso, fratelli miei, le buone opere che avete fatto finora.
Le avete fatte unicamente per Dio, in maniera tale che il mondo non vi sia entrato per nulla, e non vi siete mai pentiti di averle fatte, dopo aver constatato l'ingratitudine che in seguito avete registrato? (allude all'ingratitudine dei beneficiari di quelle buone azioni, che diventa, per il curato, il test per dimostrare che si è agito unicamente per Dio, come ha detto prima, e non per il mondo, “dettaglio” di importanza decisiva; n.d.a.).
Vi siete mai applauditi da soli per il bene che avete fatto al vostro prossimo?
Perchè, se tutto questo vi è successo, o non avete combinato nulla di buono, oppure bisogna considerare come un nonnulla, ciò che avete fatto, poichè ne avete perso tutta la ricompensa (Matteo 6,2-4!).

Sapete, fratelli miei, che cosa dovete fare?
Se non avete fatto nulla, oppure se avete perso ciò che avete fatto a causa dell'intenzione solo umanitaria, dovete cominciare subito, affinchè nell'ora della morte, possiate avere ancora qualcosa da presentare a Gesù Cristo, affinchè vi doni la vita eterna (in pratica, secondo il curato, e secondo lo stesso Vangelo, tutto il bene che si è fatto prima, con intenzione solo umana, non vale un bel nulla, ai fini della salvezza eterna; n.d.a.).

«Ma, mi direte voi, come può essere, dal momento che durante la vita ho agito solo male, non sono stato altro che un albero cattivo, che ormai non può più portare buoni frutti!» (il pensiero è un po' contorto: qui il curato, parlando a nome dei suoi ascoltatori, obietta che, se si è stati alberi cattivi, per quasi tutta la vita, ormai non dovrebbe più esserci alcuna speranza di salvezza, si dovrebbe essere già “pregiudicati”; n.d.a).

Ma, fratelli miei, non è ancora detto, e vi mostrerò perchè.
Se voi cambiate la terra sotto quell'albero cattivo, se la inumidite con altra acqua, la arricchite con altro concime, allora vedrete che potrete portare ancora frutto, anche se fino ad ora non avete fatto altro che azioni cattive (comprese quelle buone solo in apparenza; n.d.a.).

Se quell'albero, che siete voi stessi, in precedenza è stato fecondo solo quanto a orgoglio, avarizia, e impurità, voi potete fare in modo che, con la grazia del buon Dio, i suoi frutti divengano abbondanti in umiltà, in carità, e in purezza.

Rendete voi stessi come la terra che, prima del diluvio, faceva sgorgare da se stessa l'acqua per innaffiarsi, senza avere bisogno delle nubi del cielo, che la rendessero feconda (falsa interpretazione di Genesi 2,5-6).

Allo stesso modo, fratelli miei, fate sgorgare dal vostro stesso cuore quest'acqua salutare che ne cambierà le disposizioni (il curato invita a trovare in se stessi le risorse necessarie a rigenerarsi spiritualmente; n.d.a.).

Se prima avete bagnato la terra con l'acqua sporca delle vostre passioni, ebbene! adesso irrigatela con le lacrime del pentimento, del dolore e dell'amore, e vedrete che cesserete di essere un albero cattivo, per divenire un albero che porterà frutti per la vita eterna.

Per mostrarvi, fratelli miei, che ciò che ho detto è senz'altro possibile, eccovi un esempio, nella persona di santa Maddalena.

Guardate, come dice lo stesso Gesù Cristo (è più esatto dire “come dice il Vangelo”; n.d.a.), come ella fosse un albero cattivo, e come, in seguito, la grazia ne fece un albero buono, che ha prodotto buon frutto in abbondanza.

San Luca ci dice che «era una peccatrice, conosciuta come tale in tutta la città di Gerusalemme».
Vi lascio pensare, che cosa vogliano dire queste parole, uscite dalla bocca dello stesso Gesù Cristo (v.sopra).

Era una giovane, nata con le passioni più vive, con una bellezza straordinaria, e con molti beni: e questo accende ancora di più le passioni, le nutre e le ingrassa continuamente.

Ella nutriva una grande attrazione per i piaceri del mondo, un gusto estremo per le mode, e un grande desiderio di piacere agli altri, tanto che i suoi pensieri e tutte le sue cure erano impiegate a questo scopo.
Un'aria poco modesta faceva già presagire che la sua innocenza non avrebbe tardato a fare naufragio.
Vano idolo del mondo! ella cercava più che poteva di piacergli, sia nei suoi sguardi, infiammati da un fuoco impuro che sorge dal fondo del suo cuore, sia in tutte le sue intenzioni, con quell'aria civettuola che compariva sulla sua fronte.

Tutto ciò annuncia un albero che non può portare che frutti cattivi.
Ella riceve con una compiacenza incredibile gli sguardi profani dei mondani; ella riceve con tanto amor proprio gli scialbi elogi degli uomini; ella ama esibirsi, con una gioia al di là di ogni comprensione, nelle assemblee del gran mondo.

Essendo dotata di una grande bontà, possedendo grandi ricchezze, essendo giovane e ben fatta, sembrava che tutti non avessero nè cuore nè occhi che per lei.

Le danze, gli spettacoli e la preoccupazione di piacere a tutti, costituiscono la sua unica occupazione.
Se si reca con gli altri fedeli nei luoghi destinati alla preghiera, vi si reca con premura, ma non per piangervi i suoi peccati, come avrebbe dovuto fare, ma piuttosto per piazzarsi in chiesa come un idolo, per vedere e, ancor più, per essere vista e ammirata.

Sembra che ella voglia intal modo contendere i cuori a Dio stesso, e rubargli l'onore che è dovuto a Lui solo.
Infine si spinge tanto oltre, da diventare un oggetto di scandalo per tutta Gerusalemme.

Gli intrattenimenti con i giovani, gli abbracci, le conversazioni poco modeste, le corruzioni alle quali si dedica, finiscono per farla considerare come una figlia di malavita.

Finisce per essere evitata e disprezzata da tutta la gente per bene.
Tutte le persone della città, la considerano come la donna più peccatrice e scandalosa.

Converrete con me che questo sì che è un albero cattivo! Anche se siete arrivati così lontano, non ci può essere nessuno che l'abbia superata.

Ahimè! fratelli miei, quale frutto di orgoglio non ha mai prodotto, questa testa abbellita e ornata con tanta cura!
Ahimè! quali frutti di corruzione non ha mai prodotto questo cuore imputridito e arso d'amore impuro!
E così via, per tutte le altre passioni che la dominavano.

Io credo, fratelli miei, che sia molto difficile trovare un albero così cattivo!
Ebbene! fratelli miei, ora vedrete che, se ci lasciamo prendere dalla grazia, che non mancherà a noi, come non mancò alla Maddalena, per quanto miserabili possiamo essere, noi possiamo cambiare il nostro albero, che fino ad ora non ha prodotto che frutti cattivi; noi possiamo fargliene produrre di buoni, se soltanto vorremo affidarci alla grazia che viene in nostro aiuto.

Da essere cattivi cristiani, noi possiamo diventare dei buoni cristiani, e portare frutti degni della vita eterna, come vedremo nella conversione della Maddalena.

San Girolamo ci dice che, mentre la Maddalena era così abbandonata a ogni disordine morale, il rumore dei tanti miracoli che il Salvatore faceva, guarendo i malati, e risuscitando i morti, riempiva di stupore tutta la Giudea; ognuno si affrettava a vedere un uomo così straordinario.

La Maddalena, per sua fortuna, fu nel numero di costoro.
Le prime parole che sentì uscire dalla bocca del Salvatore, furono la parabola del figliol prodigo e quella del buon Pastore.

Ella si riconobbe sinceramente in quel figliol prodigo, e riconobbe il Salvatore come il buon Pastore.

Gli stimoli della grazia erano troppo vivi e troppo pungenti, perchè ella non ne sentisse il tocco.
Al racconto di quelle parole ella si sentì intenerita e commossa fino alle lacrime.
Dopo che tanti prodigi che ha visto e ascoltato l'hanno riempita di stupore, ora la grazia completa la sua opera di cambiamento, facendo di un albero tanto cattivo, un albero molto buono, che porterà frutti eccellenti.

Ma, ciò che finisce per distaccarla da se stessa e dal peccato, spezzando tutto ciò che potesse trattenerla, fu questa grande bontà di Dio per i peccatori.

Ah! fratelli miei, com'è potente la grazia, quando trova un cuore ben disposto!
Eccola che comincia a non pensare e agire più come prima; la grazia la perseguita, i rimorsi della sua coscienza la tormentano, ella sente il suo cuore che si spezza dal dolore per i suoi peccati; i suoi occhi che, altre volte, erano così accesi di un fuoco impuro, e che sapevano così bene infimmare i cuori degli altri, cominciano a versare lacrime amare.

Come il suo cuore era stato il primo, nel gustare i piaceri del mondo, ora vuole che sia il primo a sentire tutto il rammarico per aver agito male.
Da quel momento, quel gran mondo che, altre volte, costituiva tutto il suo piacere e la sua felicità, ora non fa altro che importunarla e disgustarla sempre di più.

Ormai ella sta bene solo separata dal mondo e nel ritiro, dove può riflettere e versare lacrime in tutta libertà.
Il suo cuore si sente ogni giorno di più trafitto vivamente, a misura che ella considera la vita che ha condotto fino al presente, l'oltraggio che ha arrecato a Dio, e il numero delle anime che ha fatto perdere con la sua vita cattiva.

Quell'amore di se stessa, quella orgogliosa compiacenza che ella nutriva per la sua bellezza, tutti quegli omaggi profani che la ingannavano, tutto questo, non è per lei nient'altro che vanità insensata e una sorta di idolatria.

Quel lusso immodesto, quei divertimenti mondani, che ella aveva sempre considerato come un privilegio della sua età e del suo sesso, ora, ai suoi occhi, non sono altro che una condotta pagana e una vera apostasia dalla sua religione.

Quei sentimenti appassionati, quelle libertà indecenti, quei teneri attaccamenti, altre volte così cari al suo cuore, e tutti quei misteri d'iniquità, adesso non le sembrano altro che crimini e abominazione.
Ella riconosce, versando lacrime in abbondanza, che se il buon Dio l'aveva ornata di tanti doni, lo aveva fatto solo perchè gli fosse più gradita. Ella percepisce vivamente la sua ingratitudine e la sua rivolta.

In mezzo ai suoi combattimenti, ella apprende che un distinto fariseo ha la fortuna di ricevere a casa sua il Salvatore; allora si ricorda di tutto ciò che ha udito dal Salvatore: «Sì, si dice tra sè, non posso più dubitare che egli sia quel buon Pastore così buono e così caritatevole, e che io, non sono altro che quella pecorella smarrita.
Ah! grida, è a me che si riferiva, quando parlava di quel figlio prodigo! sì, mi alzerò e andrò a trovarlo!».

Infatti, non potendo più contenersi, ella si alza, mette sotto i piedi tutte le sue piume e tutte le sue vanità, e corre, o, piuttosto, la grazia, di cui il suo cuore era ormai tutto riarso, la trascina.
Calpestando ogni rispetto umano, ella entra nella sala del festino, con un'aria abbattuta; quei capelli, altre volte ben pettinati e arricciati, ora sono tutti sparsi, con gli occhi bassi e bagnati di lacrime, con la confusione e il rossore sulla fronte; ella si getta ai piedi del Salvatore che era a tavola.

«Ah! Maddalena, Maddalena! grida un padre della Chiesa, che cosa fai, e che sei diventata? dove sono quei piaceri, quella vanità e quell'amore profano?».

Ah! no, no, fratelli miei, non più la Maddalena peccatrice, ma la Maddalena penitente, e un'amante fedele del Salvatore
(oltre che un autentico capolavoro letterario, questa rielaborazione appassionata della figura della Maddalena, suona come un inno alla grazia e alla speranza: se ce l'ha fatta una come lei, giunta all'apice del peccato, ce la possiamo fare anche noi, basta un pizzicodi sincerità e di buona volontà; è questo il messaggio confortante del santo curato; n.d.a.).

Sì, fratelli miei, fu in quel momento (a casa di Simone fariseo, Luca 7; n.d.a.) che nella Maddalena tutto cambiò; se prima aveva fatto perdere tante anime, con una vita così scandalosa, ella, con la sua vita penitente, sta per guadagnarne molte di più di quelle che ha perdute.

Ella non ha nessun rispetto umano, accusa pubblicamente i suoi peccati davanti a una numerosa assemblea, abbraccia i piedi del Salvatore, li bagna con le sue lacrime, e li asciuga con i suoi capelli.

No, no, fratelli miei, la Maddalena non è più la Maddalena, ma una santa innamorata del Salvatore.

«No, no, fratelli miei, ci dice sant'Agostino, nella Maddalena non c'è più vanità, non più piaceri, niente più amore profano, tutto è santo e puro in lei.
Sì, fratelli miei, ci dice questo grande santo, quei profumi così ricercati, che ella aveva dedicato al lusso, quella capigliatura così bene composta e adorna, quegli occhi ravvivati da un fuoco così pericoloso, tutto ciò è ora purificato nelle lacrime.
Ah! fratelli miei, ci dice, chi potrebbe farci conoscere quello che passa nel suo cuore?
Ognuno di coloro che furono testimoni di questo gesto improvviso di generosità, la prende in giro, la considera un'insensata, la biasima e la condanna, tranne Gesù Cristo, che sa bene che è stata la sua grazia ad operare tutto ciò in lei».

Egli ne è così commosso, che non le parla affatto dei suoi peccati, ma prova un piacere particolare a fare l'elogio di tutto il bene che ha fatto, e fa ciò davanti a tutti: «Va', le dice teneramente il Salvatore, i tuoi peccati sono stati perdonati, non piangere più».

E così vediamo che se il buon Dio fu così misericordioso verso di lei, ella, da parte sua, fu una delle più fedeli a tenergli compagnia durante la sua passione; ella non può più lasciarlo; si getta ai piedi della croce, e mescola le sue lacrime col Sangue prezioso di Gesù Cristo.

Dopo la morte del Salvatore, essendo ritornata a cercarlo nella tomba, ma non avendolo trovato, si rivolge al cielo e alla terra, agli angeli e agli uomini; bisogna che lo trovi, a qualunque costo.
Il Salvatore, vinto dal suo amore, non può più nascondersi a questa grande santa penitente.
Egli apparve per primo a lei, per dirle che era risuscitato, come aveva detto loro.
Dopo l'Ascensione del Salvatore, i Giudei, per odio verso di lei, perchè Gesù Cristo l'amava, la presero, con suo fratello Lazzaro e sua sorella Marta, e le esposero in un vascello mal ridotto, senza timoniere, nella speranza di farli perire; ma fu Dio stesso che li guidò.
Essi sbarcarono a Marsiglia, da dove. qualche tempo dopo, la Maddalena andò a ritirarsi nella solitudine, per terminarvi i suoi giorni nelle lacrime e nella penitenza (si tratta di una antica tradizione semi-leggendaria; inoltre, l'identificazione con Maria di Betania, sorella di Marta, è del tutto improbabile; n.d.a.).

Ebbene, fratelli miei, non converrete con me che un albero che ha portato frutti tanto cattivi, con la grazia di Dio, può portarne di molto buoni, degni di piacere a Dio, e di essere ricompensati per l'eternità?

Voi, fratelli miei, che avete portato frutti cattivi come quelli della Maddalena, che vi siete rotolati e dedicati a tanti peccati; che, forse, vi siete riconosciuti pienamente nella vita della Maddalena peccatrice, ahimè! fratelli miei, piangete, dunque!

Quanti peccati d'orgoglio, di vanità, di avarizia, di vendetta e d'impurità! Ahimè! mio Dio, quanti ne vedremo nel grande giorno del Giudizio, che non sono mai apparsi agli occhi del mondo, ma senz'altro agli occhi di Dio, al quale nulla è nascosto.

Eh! fratelli miei, se anche voi aveste, come la Maddalena, portato frutti cattivi, chi vi impedisce, adesso, di portarne di buoni?
Anche voi, come la Maddalena, avete ascoltato la parabola del figliol prodigo, nella quale riconoscete perfettamente di essere quel peccatore; avete ascoltato la parabola del Pastore che corre dietro la sua pecorella smarrita.
Non mancate di dire a voi stessi: è me, che Gesù Cristo sta cercando con la sua grazia, e che mi ispira tante volte il pensiero di convertirmi.
Perchè non dovreste fare come la Maddalena, poichè sentite la vostra coscienza che grida, e la grazia che viene in vostro soccorso, per farvi cambiare il vostro modo di vivere?

Perchè ancora, dopo esservi riconciliati col buon Dio per la grazia del sacramento della Penitenza, non dovreste fare anche voi come la Maddalena, la quale, non contenta di aver abbandonato il male, si attacca al buon Dio con tutto il cuore e per tutta la sua vita?

Credete forse che la grazia vi manchi?
No, fratelli miei, la vostra anima è tanto preziosa agli occhi di Dio, come quella della Maddalena, e, di conseguenza, potete stare certi che la grazia non vi mancherà mai, affinchè possiate convertirvi e perseverare.

In secondo luogo, fratelli miei, leggiamo nella Sacra Scrittura che il Signore diceva al suo popolo, parlando della necessità di compiere buone opere, per piacere a Lui, e per entrare nel numero dei santi: «Le cose che vi comando, non sono al di sopra delle vostre forze; per compierle, non è necessario salire fino alle nubi, nè attraversare i mari; tutto ciò che vi comando è, per così dire, sulle vostre mani, nel vostro cuore e intorno a voi».

Anch'io, fratelli miei, posso ripetervi la stessa cosa: è vero che non avremo mai la fortuna di salire in Cielo, se non facciamo delle buone opere, ma non dobbiamo spaventarci, fratelli miei: ciò che Gesù Cristo richiede da noi, non sono cose straordinarie, nè al di sopra della nostra portata; Egli non ci chiede di stare in chiesa tutto il giorno, e neppure di fare grandi penitenze: e cioè, fino al punto di rovinarci la salute, nè di donare tutti i nostri beni ai poveri, sebbene sia verissimo che siamo obbligati a dare ai poveri tutto ciò che possiamo, cosa che dobbiamo fare per piacere a Dio, che ce lo comanda, e per riscattare i nostri peccati.

E' vero ancora che dobbiamo praticare la mortificazione in molte cose, per domare le nostre inclinazioni cattive.
Non si può dubitare che una persona che viva senza mortificarsi, è una persona che non raggiungerà mai lo scopo della salvezza.

Non si può dubitare che, sebbene non possiamo stare tutto il giorno in chiesa, ciò che sarebbe per noi una grande fortuna, tuttavia sappiamo molto bene che non dobbiamo mai mancare alle nostre preghiere, almeno la mattina e la sera.

«Ma, mi direte voi, ci sono tanti che non possono digiunare, che non possono fare l'elemosina, e altri che sono talmente occupati, che a stento riescono a fare le preghiere del mattino e della sera; come potranno dunque salvarsi, dal momento che bisogna pregare incessantemente (Efesini 6,18), e che bisogna fare necessariamente delle buone opere, per ottenere il Cielo?».

Poichè tutte le nostre buone opere si riducono alla preghiera, al digiuno e all'elemosina, fratelli miei, noi possiamo facilmente fare tutto ciò, come ora vi dimostrerò.

Sì, fratelli miei, anche se non godessimo di buona salute, o se fossimo del tutto infermi, c'è un digiuno che possiamo fare facilmente.

Anche se fossimo molto poveri, potremmo ancora fare l'elemosina, e, per quanto grandi siano le nostre occupazioni, noi potremmo pregare il buon Dio, senza togliere nulla ai nostri affari, anzi, potremmo pregare al mattino e alla sera, e perfino durante tutta la giornata, e ora vi spiego come.

Anzitutto, noi pratichiamo un digiuno molto gradito a Dio, tutte le volte che ci priviamo di qualcosa che ci piacerebbe fare, perchè il digiuno non consiste solo nella privazione del bere e del mangiare, ma nel privarci di ciò che attira di più il nostro gusto.
Gli uni possono mortificarsi nel modo di abbigliarsi, gli altri nelle visite che vorrebbero fare agli amici che amano vedere; gli altri, nelle parole e nei discorsi che amano tenere.
Quello che fa un gran digiuno, e che è molto gradito a Dio, è colui che combatte contro il suo amor proprio, contro il suo orgoglio, contro la sua ripugnanza a fare ciò che non gli piace, o colui che resiste a stare con coloro che contrastano col suo carattere, con la sua maniera di agire.

Se voi aveste la possibilità di frequentare quella compagnia, senza nemmeno offendere il buon Dio, ma ve ne private per il buon Dio: ecco un digiuno molto meritevole.
Oppure, vi trovate in una situazione in cui potreste appagare la vostra ingordigia? invece di farlo, mangiate, senza farvene accorgere, quello che vi piace di meno.
Quando comprate dei mobili o degli abiti, non acquistate quello che vi piacerebbe di più: ecco ancora un digiuno, la cui ricompensa vi attende alla porta del Cielo, per aiutarvi a entrare.

Sì, fratelli miei, se vogliamo impegnarci, non soltanto troveremo ogni giorno di che praticare il digiuno, ma anche, in ogni istante della giornata.

Ma ditemi, c'è forse un digiuno che sia più gradito a Dio, che fare e soffrire con pazienza certe cose che spesso vi dispiacciono grandemente?
Senza parlare delle malattie, delle infermità, e di tante altre afflizioni che sono inseparabili dalla nostra misera vita. Come non avremmo l'occasione di mortificarci, soffrendo ciò che ci infastidisce e ci ripugna?

A volte è un lavoro che ci annoia; altre volte è una persona che ci affligge; altre ancora è un'umiliazione che ci costa molto soffrire.
Ebbene! fratelli miei, se soffriamo tutto ciò per il buon Dio, e unicamente per piacergli, sono questi i digiuni più graditi a Lui, e i più meritevoli.

Siete obbligati, per tutto l'anno, a faticare per dei lavori molto penosi, che a volte sembrano farvi morire, non dandovi neppure il tempo di respirare?
Oh! fratelli miei, che tesoro state ammassando per il Cielo, se lo vorrete, facendo solo ciò che fate; se, nel mezzo delle vostre pene, aveste l'accortezza di elevare il vostro cuore verso il buon Dio, dicendogli: «Mio buon Gesù, unisco le mie pene alle tue pene, le mie sofferenze alle tue sofferenze; fammi la grazia di essere sempre contento nello stato in cui Tu mi hai collocato. Benedirò il tuo santo Nome in tutto ciò che mi accadrà!».

Sì, fratelli miei, se aveste la grande fortuna di comportarvi in questo modo, tutta la vostra miseria, tutti i vostri travagli diverrebbero come tanti frutti molto preziosi, che potreste offrire al buon Dio, nell'ora della vostra morte.

Ecco, fratelli miei, come ciascuno, nello stato in cui si trova, può praticare una specie di digiuno molto meritorio, e che gli sarà accreditato per l'eternità.

Diciamo inoltre che vi è una specie di elemosina che tutti possono fare.
Dovete sapere che l'elemosina non consiste soltanto nel nutrire coloro che hanno fame, o nel donare dei vestiti a coloro che non ne hanno; ma elemosina, sono anche tutti i servizi che si rendono al prossimo, sia per il corpo che per l'anima, quando li facciamo in spirito di carità.

Se abbiamo poco, ebbene! diamo poco; e se non abbiamo nulla, diamo in prestito, se possiamo.
Se qualcuno non può provvedere ai bisogni dei malati, ebbene! egli può visitarli, dire loro qualche parola di consolazione, pregare per loro, affinchè usini bene la loro malattia.

Sì, fratelli miei, tutto è grande e prezioso agli occhi del buon Dio, se agiamo per un motivo religioso e di carità, poichè Gesù Cristo ci ha detto che «un solo bicchiere d'acqua non resterà senza ricompensa».
Vedete dunque, fratelli miei, che sebbene siamo poveri, possiamo facilmente fare l'elemosina.

Infine ho detto che, per quanto grandi possano essere le nostre occupazioni, vi è una specie di preghiera che possiamo fare incessantemente, senza neppure distoglierci dalle nostre occupazioni, ed ecco come ciò sia possibile.

Ciò si attua quando, in tutto quello che facciamo, non cerchiamo altro che la Volontà di Dio.
Ditemi, fratelli miei, è poi tanto difficile cercare di fare la Volontà di Dio in ogni nostra azione, per quanto piccola possa essere?
Sì, fratelli miei, con questo tipo di preghiera, tutto diventa meritorio per il Cielo, mentre, senza questa volontà, tutto è perduto.
Ahimè! quanto bene facciamo, che resterà senza ricompensa, mentre potrebbe aiutarci molto, per guadagnare il Cielo, senza fare altro che quello che già facciamo! (ma al di fuori o contro la Volontà di Dio: principio formidabile e acuto, segreto costante di ogni santità cristiana; n.d.a.).

«Ma, mi direte voi, quali sono dunque i frutti che un padre e una madre di famiglia devono portare?».
Fratelli miei, eccoli.
Anzitutto i buoni frutti che tutti noi dobbiamo portare in generale, quali l'umiltà, la carità, la purezza, come anche tutte le altre virtù che convengono a tutti noi.

Ci sono genitori che vorrebbero poter restare nascosti tutto il giorno in un angolo della loro casa, e lì piangere i propri peccati, cosa che in sè sarebbe molto buona; ma il frutto più prezioso per essi, consiste nell'istruire bene i loro figli, e nel far loro conoscere, con la grazia del buon Dio, lo scopo per cui si trovano sulla terra; consiste nell'insegnare loro a pregare il buon Dio, con attenzione e con rispetto; nel non offrire mai ad essi cattivi esempi; nel parlare loro, spesso, delle sofferenze che Gesù Cristo ha sopportato, per meritarci il Cielo; nel parlare loro del rammarico che avremo, nell'ora della morte, per aver disprezzato tutto ciò; consiste nel non parlare mai male della religione, nè del prossimo, in loro presenza; nel far loro concepire un grande disprezzo per i piaceri del mondo e per tutte le cose mondane, che sono ben poca cosa, dal momento che restiamo così poco tempo sulla terra; consiste nel far considerare loro il servizio del buon Dio, come la sola cosa che ci possa consolare in questo mondo, e addolcire le nostre pene; nel far conoscere loro, per bene, che, essendo noi sulla terra, esclusivamente per Dio, non saremo mai felici se non serviamo il buon Dio con zelo e con amore.

Consiste ancora nel fare spesso dei digiuni e delle elemosine, o altre opere buone, a vantaggio spirituale dei propri figli, soprattutto quando si vede che sono sulla via dell'allontanamento da Dio, e che vivono come se non avessero nessun'anima da salvare.

Ecco, fratelli miei, i frutti che un padre e una madre devono portare, e che sono i soli che il buon Dio richiede da loro.
Siccome poi, i padroni e le padrone hanno gli stessi obblighi da adempiere verso i loro domestici, essi devono portare quegli stessi frutti: e cioè, fare tutto ciò che i padri e le madri sono obbligati a fare verso i loro figli.
In modo che, agendo così, voi farete una preghiera incessante, semplicemente cercando la volontà di Dio in ciascuna azione che avete la fortuna di fare (è la soluzione semplice e geniale del curato, all'eterno problema del come adempiere al comando evangelico e paolino della “preghiera continua”, senza ricorrere a stratagemmi magico-pagani del tipo “preghiera del cuore” o altri “mantra” più o meno evangelici; n.d.a.).

Un figlio che, in tutti i doveri che svolge per i suoi genitori, non mira ad altro se non a far piacere a Dio, che gli ordina di rispettare, di amare i suoi genitori, di prendersene cura, di ristorarli nelle loro miserie, o di consolarli nei loro dispiaceri e nelle loro malattie, e di pregare il buon Dio per loro; ecco, fratelli miei, i frutti preziosi che il buon Dio richiede da lui, e di cui verrà ricompensato per tutta l'eternità.

Un lavoratore e un operaio, che sopportano il cattivo umore dei datori di lavoro, che offrono le loro pene e il cattivo tempo che trascorrono, nell'unica intenzione di piacere a Dio e di salvare le loro anime: ecco il buon frutto, ed ecco una preghiera incessante che Dio non lascerà senza ricompensa (abbiamo preferito lasciare la costruzione “sospesa”, per anacoluto, tipica del curato; n.d.a.).

Ah! fratelli miei, quante occasioni di merito ci lasciamo sfuggire, che ci condurrebbero a grandi passi verso il Cielo, se avessimo la fortuna di offrire a Dio tutte le nostre azioni; se lo pregassimo di benedire il nostro lavoro, di regolare bene le nostre vie, e di presiedere a tutto ciò che facciamo; se ci preoccupassimo di conservare e di rinnovare ogni tanto le nostre intenzioni, durante il lavoro.

Fratelli miei, diciamo spesso a Dio: «Abbi pietà di noi! vieni in mio aiuto; mio Dio, non voglio fare altro che ciò che piace a Te».

Converrete con me che tutte queste preghiere non vi distoglierebbero affatto dal vostro lavoro; tutti questi digiuni, non comprometterebbero affatto la vostra salute; avete visto anche, che possiamo fare le elemosine senza avere nè oro nè argento, e un'infinità di altre opere buone che non ci costerebbero altro che un po' di vigilanza e di autocostrizione.

Tuttavia, fratelli miei, devo dirvi che, affinchè queste opere siano meritorie per il Cielo, bisogna che siano compiute in stato di grazia, poichè sapete bene quanto me, che tutte le opere buone che facciamo essendo in stato di peccato, sono opere morte, per il Cielo.

E' vero che esse possono meritare la nostra conversione, cosa che è già una grande fortuna, ma esse non saranno affatto ricompensate per il Cielo; è questa una verità espressamente sottolineata nel Vangelo; ciò deve farci stare molto attenti a non rimanere mai nel peccato, poichè tutto il bene che compiamo, non ci accompagnerà davanti al tribunale di Gesù Cristo.

Ah! disgraziati, che da tanto tempo marcite nel peccato, quante buone opere avete perduto, che vi avrebbero condotto sicuramente in Cielo!
Ahimè! a che vi servono tutti i vostri mali e tutte le miserie della vita, se non a farvi perdere?
O mio Dio! quanti cristiani perduti che, facendo esattamente quello che già fanno, si sarebbero potuti certamente salvare!

Aggiungiamo anche che bisogna agire per un motivo soprannaturale: e cioè per amore di Dio, in vista della nostra salvezza, poichè, se voi agiste per un motivo puramente naturale, come per esempio, se lavoraste solo per far andare bene i vostri affari, per guadagnarvi da vivere, per nutrirvi e sostentare i vostri figli, tutto ciò non avrebbe nulla di diverso da ciò che fanno anche i pagani; in tutto questo non c'è ricompensa per il Cielo.

Se voi rendete servizio al vostro prossimo solo perchè è un vostro parente o un vostro amico, o perchè siete toccati da compassione per i mali che egli soffre, ma non avete l'intenzione di piacere a Dio e di salvare la vostra anima, il vostro lavoro e tutte le vostre elemosine, saranno ben ricompensate in questo mondo, ma mai in il Cielo.

Ahimè! fratelli miei, quante buone opere perdute! Quanti tra noi, fratelli miei, che hanno fatto sì delle buone opere, hanno reso sì dei servizi al prossimo, hanno compiuto certo dei grandi sacrifici, ma che, non avendo avuto l'intenzione di compierli per piacere a Dio, non riceveranno alcuna ricompensa!

Sì, fratelli miei, se vogliamo che tutto quello che facciamo sia ricompensato per il Cielo, dobbiamo avere, fin dal mattino, appena ci svegliamo, il pensiero di fare tutto ciò che faremo durante la giornata, con l'intenzione esclusiva di piacere al buon Dio, e per la salvezza della nostra anima, e poi dobbiamo rinnovare questa offerta, ogni tanto, durante il giorno.

Bisogna che sempre, il pensiero di piacere a Dio ci accompagni dappertutto, poichè tutto quello che facciamo, separato da questo pensiero, è perduto per il Cielo (questa insistenza, “sacrosanta”, del curato sulla discriminante radicale tra le opere compiute con intenzione solo filantropica, e quelle compiute con l'intenzione esclusiva di piacere a Dio, potrà sembrare strana o scandalosa ai nostri giorni, abituati come siamo a un appiattimento orizzontalistico, del tutto privo di sincero anelito verso il Cielo, anche col supporto di tanti falsi maestri e falsi cristi, a qualunque grado della scala gerarchica; ma ciò che il curato sottolinea con forza, è esattamente ciò che Gesù, nel Vangelo, ci insegna: Matteo cap. 6; n.d.a.).

Non ho forse ragione, quando vi dico che l'ignoranza sarà la causa della perdita del maggior numero di cristiani? ( si tratta dell'ignoranza “colpevole in radice”, di chi avrevve avuto il dovere di informarsi sui principi basilare della sua religione; n.d.a.).

Ahimè! quanti cristiani che forse hanno superato i cinquant'anni, ma che non hanno mai avuto questo pensiero di piacere a Dio, facendo il loro lavoro, la loro preghiera (perfino la preghiera!...; n.d.a.), le loro elemosine, o rendendo qualche servizio al loro prossimo!
Ah! fratelli miei, se avessimo voluto!...
Quanti frutti avremmo potuto portare per il Cielo, se avessimo voluto piacere a Dio solo in tutto ciò che facciamo; e, ancora di più, quanti ne avremmo potuto far portare agli altri!
Ne abbiamo un bell'esempio nella persona di san Dionigi.

Essendo arrivato a Parigi, città ancora immersa nell'idolatria, egli fece tanto con le sue preghiere, le sue istruzioni, e i suoi miracoli, che tutti coloro che non erano altro che alberi molto cattivi, che portavano frutti molto cattivi, divennero quasi tutti alberi capaci di portare frutti per la vita eterna.

I sacerdoti degli idoli, vedendo il numero di persone che egli convertiva, andarono a trovare il governatore, dicendogli che un nuovo predicatore nutriva un grande disprezzo dei suoi dei, e che quasi tutti gli abitanti diventavano cristiani.

Il governatore montò in grande collera contro san Dionigi, lo fece prendere e gettare in una cella, dove gli fece patire tutto quello che la rabbia dei tiranni può inventarsi.

Gli si frantumò tutto il corpo, facendogli passare sopra dei grossi macigni di pietra. Avendolo fatto comparire di nuovo davanti al suo tribunale, il tiranno gli chiese se i suoi pensieri fossero mutati.
Il santo rispose che i tormenti più orribili, e la stessa morte, non avrebbero mai potuto cambiare i suoi sentimenti.
A queste parole, il giudice gli rispose con una scarica di colpi di frusta, armata con punte di ferro, che gli straziarono il corpo fino alle viscere.
Era uno spettavolo degno degli angeli, vedere un buon vecchio che aveva più di centosei anni, cantare le lodo di Dio, durante questa orribile macelleria.
Il giudice, vedendo il suo coraggio, lo fece stendere su un cavalletto, gli fece aprire tutte le ferite con delle unghie di ferro, e in seguito, avendolo fatto stendere su una griglia, lo fece arrostire a fuoco lento, e quello sopportava tutto ciò senza far uscire dalla sua bocca un solo lamento.
In seguito, fu gettato in una fornace ardente, dove il buon Dio impedì che fosse riarso.
Dopo ciò fu appeso a una croce, da dove predicò al popolo come da una cattedra.
Il tiranno, vedendo che niente riusciva a vincerlo, lo condanno alla decapitazione.
Secondo una tradizione tanto antica quanto la sua morte, il suo corpo, essendosi levato, prese la testa tra le mani, fece qualche passo, fino a che trovò una persona che lui stesso aveva convertita, e cadde ai suoi piedi.
Dopo tanti miracoli, tante preghiere e tante istruzioni, quasi tutti si convertirono.

Ditemi, fratelli miei, non è questo un albero che ha portato buon frutto, e che ne ha fatto portare anche agli altri?
Ah! fratelli miei, se fossimo noi stessi dei buoni cristiani, quanti frutti porteremmo per la vita eterna! Quanti frutti i nostri buoni esempi farebbero portare agli altri!

Stiamo quindi attenti a non trovarci nel numero di coloro ai quali Gesù Cristo dirà: «Togliete via quest'albero, che non ha portato frutti buoni; tagliatelo e gettatelo nel fuoco!»; ma, al contrario, fratelli miei, facciamo in modo che tutto quello che facciamo o che diciamo, sia un frutto buono per il Cielo, a causa di una grande purezza d'intenzione, e allora avremo la fortuna di ascoltare dalla bocca di Gesù Cristo stesso: «Venite, benedetti dal Padre mio, a prendere possesso del Regno dei Cieli, perchè tutto quello che avete fatto, non lo avete fatto per nessun altro motivo che per piacere a Me».
E' ciò che vi auguro...