Omelia per la festa della dedicazione

Omelia per la festa della dedicazione
Il rispetto che si deve avere in chiesa
"Gesù entrò nel tempio, e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano"
(Matteo 21,12)

A che cosa, fratelli miei, possiamo attribuire questo atteggiamento di zelo e di indignazione, che Gesù Cristo lascia divampare oggi sul suo viso?
Noi lo vediamo altrove atteggiarsi a giudice della donna adultera, ma solo per avere la dolce consolazione di non condannarla; lo vediamo perdonare con bontà tutti gli scandali e i disordini più spaventosi di una peccatrice; Egli ci mostra la sua misericordia verso tutti i peccatori pentiti, nella parabola del figliol prodigo.
Non appena vede Gerusalemme, questa città ingrata, si commuove di compassione e i suoi occhi adorabili lasciano colare lacrime amare.
«Ah! città criminale, che hai ucciso i profeti che mio Padre aveva inviati per annunciarti la grandezza dei suoi benefici! Tu hai raggiunto il colmo della barbarie, facendo morire il tuo Dio e il tuo Salvatore!
Ah! se tu volessi almeno, in questo giorno che ti è donato, ricevere la grazia che Io ti offro! Ma no, invano Io ti sollecito!».

Voi lo vedete, fratelli miei, dappertutto c'è bontà e amore.
Che cosa dunque può oggi rapirgli questa clemenza, e armare le sue mani benefiche con le verghe della giustizia?
Ah! è perchè si sta profanando la casa del Padre suo, e la si sta rendendo una caverna di ladri e una casa di commercio!
Questa profanazione è per Lui una spada che trafigge vivamente il suo tenero cuore.
L'amore per suo Padre e lo zelo per la sua gloria, non possono più contenersi; non appena è entrato nella città di Gerusalemme, Egli si reca subito nel tempio, per rimproverare i Giudei per l'orribile profanazione che essi fanno del luogo destinato alla preghiera.
Egli non dà loro neppure il tempo di fuggire; prende Lui stesso i tavoli, le mercanzie, e rovescia tutto per terra.
Ah! fratelli miei, bisogna che siano orribili le irriverenze commesse nelle chiese, di cui il tempio di Salomone non era altro che la prefigurazione!
Con quale rispetto, con quale raccoglimento e con quale devozione non dovremmo venire nelle nostre chiese?
Per farvelo comprendere meglio, vi mostrerò quali siano i pensieri che ci devono occupare:
1°- quando veniamo in chiesa;
2°- mentre ci stiamo;
3°- quando ne usciamo.

Chi potrebbe mai comprendere il nostro accecamento, se considerassimo, da un lato, le grazie che il buon Dio ci prepara nel suo santo tempio, il bisogno che ne abbiamo, il desiderio ardente che Egli ci dimostra di volercele dare; dall'altro, la nostra ingratitudine e la nostra scarsa premura nel corrispondere ai suoi benefici?
Allorchè il nostro dovere ci chiama in un luogo così santo, non si direbbe forse che assomigliamo a dei criminali condotti davanti ai giudici per essere condannati all'ultimo supplizio, piuttosto che a dei cristiani che soltanto l'amore dovrebbe condurre dal buon Dio?
Oh! come siamo ciechi, fratelli miei, per avere così poco a cuore i beni del cielo, mentre siamo così attratti dalle cose di questo mondo!

Infatti, quando si tratta di affari temporali, o anche di piaceri, ne siamo tutti preoccupati, ci pensiamo in anticipo, ci riflettiamo sopra; ma, ahimè! quando si tratta del servizio di Dio e della salvezza della nostra povera anima, non vi è altro che una specie di routine, e un'indifferenza inconcepibile.
Si deve andare da un grande di questo mondo, per chiedergli qualche favore?
Ce ne occupiamo molto tempo prima, andiamo a consultare le persone che riteniamo più istruite, per conoscere il modo in cui dobbiamo presentarci; compariamo davanti a lui con quell'aria di modestia e di rispetto, che ispira ordinariamente la presenza di un tale personaggio.
Ma quando veniamo nella casa del buon Dio, ah! non è più così.
Nessuno pensa a ciò che va a fare, a che cosa debba chiedere a Dio.
Ditemi, fratelli miei, chi è colui che, andando in chiesa, dice a se stesso: Dove vado? nella casa di un uomo o nella casa del Re?
Oh! no! è nella casa del mio Dio, nella dimora di Colui che mi ama più di Se stesso, poichè è morto per me; che ha i suoi occhi misericordiosi aperti sulle mie azioni, le sue orecchie attente alle mie preghiere, sempre pronto a esaudirmi e a perdonarmi.
Penetrati da questi bei pensieri perchè non diciamo, come il santo re Davide: «Anima mia, gioisci, stai andando nella casa del Signore», per rendergli omaggio, per esporgli i tuoi bisogni, per ascoltare le sue divine parole, per chiedergli le sue grazie; oh! quante cose ho da dirgli, quante grazie devo domandargli, quanti ringraziamenti devo rivolgergli! gli parlerò di tutte le mie pene, e sono certo che mi consolerà; gli confesserò le mie colpe, ed Egli mi perdonerà; gli parlerò della mia famiglia, ed Egli la benedirà con ogni sorta di benefici.
Sì, Dio mio, io ti adorerò nel tuo santo tempio, e ritornerò pieno di ogni sorta di benedizioni.

Ditemi, fratelli miei, è questo il pensiero che vi occupa, allorchè il vostro dovere vi chiama in chiesa? sono questi i pensieri che avete, dopo aver passato tutta la povera mattinata a parlare delle vostre vendite e dei vostri acquisti, o comunque di cose completamente inutili?
Venite in fretta ad ascoltare una santa Messa che, spesso, è già stata detta a metà.
Ahimè! oserei dire, quanti di voi vanno a visitare il luogo dell'ubriacatura, prima del loro Creatore, e, venendo in chiesa con la testa piena di vino vi intrattenete sugli affari temporali fino alla porta!
O mio Dio! sono questi i cristiani che dovrebbero vivere come degli angeli sulla terra?...
E tu, sorella mia, i tuoi sentimenti sono forse migliori, allorchè, dopo aver occupato il tuo spirito e una parte della mattinata a pensare a come dovevi abbigliarti per meglio piacere al mondo, vieni in seguito nel luogo dove dovresti venire per piangere i tuoi peccati?
Ahimè! molto spesso il sacerdote sale sull'altare mentre tu stai ancora a contemplarti davanti allo specchio, girandoti e rigirandoti.
O mio Dio! sono questi i cristiani, che ti hanno preso come loro modello, Tu che hai passato la tua vita nei disprezzi e nelle lacrime?...
Ascolta, giovane donna, quello che ti insegna sant'Ambrogio, vescovo di Milano.
Trovandosi alla porta della chiesa e vedendo una giovane abbigliata con molta cura, le rivolse queste parole: «Dove vai, o donna?».
Ella gli rispose che andava in chiesa.
«Vai in chiesa? le disse il santo vescovo, si direbbe piuttosto che tu vada alla danza, alla commedia o allo spettacolo; vai via, donna peccatrice, vai a piangere i tuoi peccati in segreto, e non venire in chiesa a insultare, con i tuoi vani abbigliamenti, un Dio umiliato».
Mio Dio! come questo secolo ci fornisce delle.....! (il testo si interrompe volutamente: impossibile immaginare quali parole seguissero; n.d.a).
Quanti giovani, venendo in chiesa, non si occupano che di se stessi e della loro immagine!
Essi entrano nel tempio del Signore dicendo nel profondo del loro cuore: «Guardatemi tutti!».
Vedendo queste tristi disposizioni, non verrebbe da versare calde lacrime?

E voi, padri e madri, quali sono le vostre disposizioni, allorchè venite in chiesa, per la Messa?
Ahimè! bisogna ben dirlo con dolore, molto spesso sono proprio i padri e le madri che vediamo entrare in chiesa quando il sacerdote è già sull'altare o perfino sulla cattedra!
«Ah! mi direte voi, veniamo quando possiamo, abbiamo altro da fare».
Senza dubbio, avete altre cose da fare; ma io so bene anche che se non aveste rimandato alla domenica mille faccende di casa che dovevate fare di sabato, e se vi foste alzate un po' più presto, avreste potuto fare tutto ciò prima della santa Messa, e sareste arrivati prima che il sacerdote salisse sull'altare.
La stessa cosa vale per i vostri figli e per i vostri domestici; se voi non li comandaste fino a poco prima della Messa, essi arriverebbero all'inizio.
Io non so se il buon Dio vorrà accogliere tutti questi pretesti, ma non lo credo affatto.
Ma perchè, fratelli miei, parlare in particolare? Non sono forse la maggior parte quelli che agiscono in questo modo?
Sì, quando vi si chiama in chiesa per distribuirvi le grazie del buon Dio, non si osserva in voi quel po' di fretta, quella noncuranza, quel disgusto che vi divora, quella dissipazione quasi generale?
Ditemi, vedete molta gente all'inizio dei sacri uffici?
Non accade forse che i vespri sono già stati detti a metà, quando voi arrivate?
«Abbiamo da fare», mi rispondete.
Eh! amici miei, se mi diceste che non avete nè fede, nè amore di Dio, nè desiderio di salvare la vostra povera anima, vi crederei molto di più!
Ahimè! che pensare di tutto ciò?...
C'è di che gemere vedendo simili disposizioni nella maggior parte dei cristiani!
Parecchi sembra che non vengano in chiesa che loro malgrado, o, oserei dire, sembra che vi siano stati trascinati.
Dalla casa alla chiesa, non si parla d'altro che di affari temporali; le ragazze, tutte insieme, non parlano che della vanità, della bellezza, e di tutto il resto; i ragazzi, dei giochi, dei piaceri, e altre cose ancora peggiori; i padri o le madri di famiglia, chiacchierano dei loro beni, delle loro vendite o dei loro acquisti; le madri si occuperanno solo del loro matrimonio e dei loro figli: nessuno oserà negarlo.
Ahimè! non un solo pensiero sulla felicità che vanno a ricevere, nessuna riflessione sui bisogni della loro povera anima, nè di quella dei loro figli o dei loro domestici!
Entrano nel sacro tempio senza rispetto, senza attenzione, e parecchi, il più tardi possibile.
Quanti altri non si danno pena di entrare, e restano fuori, per riuscire meglio a dissiparsi?
La Parola di Dio non turba affatto la loro coscienza: si mettono a guardare chi va e chi viene...
Mio Dio! sono questi i cristiani per i quali Tu hai tanto sofferto, per renderli felici?
E' questa dunque tutta la loro riconoscenza?...

Con tali disposizioni, quanti peccati si commettono durante i santi uffici!
Quante persone fanno più peccati la domenica, che in tutta la settimana!...
Ascoltate cosa ci insegna san Martino.
Mentre cantava la santa Messa con san Brice, suo discepolo, si accorse che quest'ultimo sorrideva.
Dopo che tutto fu finito gli chiese che cosa lo avesse fatto sorridere.
San Brice gli rispose: «Padre mio, ho visto qualcosa di straordinario mentre cantavamo la santa Messa: ho visto dietro l'altare un demonio; egli scriveva su un grande foglio di pergamena i peccati che si commettevano in chiesa, e, prima che la santa Messa finisse, il foglio era già pieno; quel demonio ha preso poi quel foglio con i denti, e lo ha tirato così fortemente che lo ha ridotto in molti pezzi. Ecco, padre mio, ciò che mi ha fatto sorridere».
Quanti peccati, e anche mortali, commettiamo durante i sacri uffici per la nostra scarsa devozione e raccoglimento!
Ahimè! che ne è stato di quei tempi felici in cui i cristiani passavano, non soltanto il giorno, ma anche la maggior parte delle notti in chiesa, a piangere i loro peccati, o a cantare le lodi del Signore?
Guardate anche nell'Antico Testamento, guardate sant'Anna la profetessa, che si era ritirata su una tribuna per non lasciare mai la Presenza di Dio.
Guardate il santo vecchio Simeone; guardate anche Zaccaria e tanti altri, che hanno trascorso la maggior parte della loro vita nel tempio del Signore.
Ma come erano grandi e preziose le grazie che Dio accordava loro.
Dio, per ricompensare sant'Anna, volle che fosse la prima a conoscere Gesù Cristo.
Il santo vecchio Simeone fu il primo, dopo san Giuseppe, che ebbe la felicità, la grande felicità di portare il Salvatore fra le sue braccia.
San Zaccaria fu scelto per essere il padre di un bambino destinato a essere l'ambasciatore del Padre Eterno, per annunciare la venuta del suo Figlio nel mondo.
Quali grazie Dio non accorda a coloro che si fanno un dovere di venire a visitarlo nel suo santo tempio, quanto più possono?

Nel Nuovo Testamento non vediamo che i santi hanno fatto consistere tutta la loro felicità nel venire ad adorare Gesù Cristo nel suo Tempio?
Perchè, fratelli miei, tante comunità, che passano una parte della notte in preghiera, nelle loro chiese, mentre noi dormiamo?
E' per tenere compagnia a Gesù Cristo nel suo tabernacolo.
E così vedete come ciò faccia piacere a Gesù Cristo.
Si racconta che un santo sacerdote si coricava tutte le notti sul gradino dell'altare, per essere più vicino a Gesù Cristo.
Il buon Dio permise che vi morisse; egli fu interrato nello stesso posto.
Un altro si coricava in sacrestia per lo stesso motivo.
Quando san Luigi era in viaggio, invece di passare la notte in un letto, la passava in una chiesa: se gli si diceva che non poteva stare lì, rispondeva che si trovava meglio di quando passava la notte nel suo letto, tante consolazioni gustava in compagnia di un Maestro così buono.

Se, fratelli miei, non siamo portati a compiere azioni così gradite a Dio, almeno, durante quel po' di tempo che trascorriamo in chiesa, cerchiamo di essere ben penetrati e convinti che ci troviamo alla santa Presenza del nostro Dio, che non ci chiama lì se non per ricolmarci di benefici e farci lavorare alla salvezza della nostra povera anima.
Andiamoci con un santo zelo, ma anche con grande rispetto, nel timore di attirare su di noi i castighi di Dio, per la nostra poca devozione e per le nostre irriverenze.
Eccovi un esempio molto sorprendente.
Leggiamo nella Sacra Scrittura che Eliodoro, uno dei primi ufficiali del re d'Assiria, inviò una truppa di soldati per profanare il tempio di Gerusalemme; ma essi vennero tutti rovesciati a terra, e fuggirono via precipitosamente.
Allora vi andò egli stesso, per commettere ogni sorta di empietà.
Ma appena fu entrato, due angeli lo presero e lo colpirono così fortemente, che sarebbe rimasto morto se il sacerdote Onia non avesse chiesto grazia per lui.

Quante volte, fratelli miei, gli angeli, vedendoci comparire con tanta dissipazione, per non dire con empietà, non ci colpirebbero a morte, se Gesù Cristo, la cui bontà è infinita, non li fermasse.
San Paolo ci dice che Dio prenderebbe e punirebbe rigorosamente coloro che osassero profanare il suo tempio.
Che cosa dobbiamo fare dunque venendo in chiesa? Ecco.
Dobbiamo occuparci, per strada, delle nostre miserie, delle grazie che andiamo a domandare al buon Dio, e della grandezza di Colui davanti al quale stiamo per comparire.
La nostra preparazione deve iniziare da quando ci svegliamo al mattino, parlando quanto meno possiamo, e il nostro spirito non deve essere occupato che di ciò che ha relazione con Dio.
Lasciamo da parte le cose temporali, perchè questo giorno è dedicato alla nostra anima.
Ma quali sono i pensieri che devono occuparci mentre siamo nella casa del buon Dio, cioè presso Gesù Cristo che è nostro Padre, nostro Salvatore e nostro Mediatore?
Lo vedremo subito.

Oh! quale spettacolo, fratelli miei, per un cristiano che non abbia perduto interamente la fede! quanti oggetti capaci di toccare e di intenerire il nostro cuore! (sappiamo dai suoi biografi che il curato aveva una cura tutta particolare per le suppellettili sacre, per le statue e per la dignitosità dell'arredamento della sua chiesetta; n.d.a.).
Quando entriamo in una chiesa, penetriamoci del pensiero che è la casa del buon Dio, e il luogo dove sono racchiuse tutte le grazie del cielo.
Da qualunque parte volgiamo lo sguardo, tutto ci parlerà di Dio, della nostra vocazione, delle nostre speranze, di ciò che siamo stati, di ciò che siamo e di ciò che diventeremo.
Possiamo forse, fratelli miei, trovare qualcosa di più capace di fissare la nostra attenzione e di ispirarci dei sentimenti della più tenera devozione?
Entriamo: vi troveremo anzitutto l'acqua benedetta, che è stata santificata dalle preghiere della Chiesa; essa sembra mostrarci con quale purezza e con quale santità dobbiamo entrare in questo luogo santo, per piacere a Gesù Cristo; poichè, se siamo colpevoli di peccati, dobbiamo venire per piangerli, pieni del timore che Dio non ci punisca, in questo santo luogo dove gli angeli stessi tremano.
Un altro motivo che ci deve spingere a prendere quest'acqua benedetta con molto rispetto e dolore dei nostri peccati, è che essa comincerà a mettere nella nostra anima delle buone disposizioni per ascoltare la santa Messa.

Se leviamo gli occhi più in alto, il primo oggetto che si presenta al nostro sguardo è il crocifisso.
Oh! fratelli miei, come quest'immagine è capace di intenerire i nostri cuori e di farci piangere i nostri peccati!
Quante grandi verità ci ricorda!
Gesù Cristo non sembra forse dirci dall'alto di quella croce dovè attaccato: «Ah! figli miei, vedete e considerate se c'è un dolore simile al mio; vedete e considerate quanto enorme sia il peccato e come il mio amore sia immenso; guardate questo povero corpo tutto fatto a pezzi e ferito per le sofferenze della mia dolorosa passione; guardate questa testa trafitta da orribili spine!
Ah! cristiani! potete mai considerare questo corpo tutto coperto di piaghe, senza piangere i vostri peccati che ne sono la causa?
Figli miei, è il mio amore e i vostri peccati che mi hanno attaccato a questa croce; e voi continuate ad oltraggiarmi!
Fermatevi! fermatevi! figli miei. Ah! cessate almeno di perseguitarmi, insultandomi nel mio tempio!».
Possiamo noi guardare questo tenero Salvatore, disteso su questa croce, senza essere penetrati di rispetto e agitati da un santo tremore?...

Se ci giriamo da un'altra parte, vedremo le sacre fonti del battesimo che sembrano dirci: «Ah! cristiani, ricordatevi che prima di essere portati qui voi eravate figli della collera, vili schiavi di satana, banditi per sempre dalla Presenza del vostro Dio; sì, è qui che siete stati lavati col Sangue adorabile di Gesù Cristo.
Sì, è qui che il cielo vi è stato aperto, e che il Salvatore stesso è divenuto la vostra ricompensa e la vostra felicità».
Oh! fratelli miei, quale gioia e quale riconoscenza non dovremmo avere, volgendo lo sguardo su questa sacra fonte che ci hanno procurato tanti beni!
Non dimentichiamolo: al tribunale di Dio, essa ci sarà mostrata, per rimproverarci le nostre prevaricazioni.
Vedremo le promesse che abbiamo fatto e, nello stesso tempo, il numero delle volte e che le abbiamo violate e messe sotto i piedi.
Questo solo pensiero dovrebbe essere capace di coprirci di confusione.
Se questo non è abbastanza potente per toccarci, portiamo lo sguardo verso questo confessionale; non è forse questo l'asilo e la speranza dei peccatori che vogliono ritornare a Dio?
Un cristiano, vedendo questa sorgente di grazia e di misericordia non dovrebbe forse gridare: sì, è qui, in questo bagno salutare, che posso venire con fiducia a recuperare la grazia del mio Dio, se ho avuto la disgrazia di perderla?
Oh! quale felicità, quale fiducia e quale riconoscenza, per un cristiano che abbia perduto il suo Dio per il peccato, avere un mezzo così sicuro per ritrovarlo!
Ma anche, quali rimproveri non rivolge a quei peccatori induriti, che preferiscono morire ed essere dannati, piuttosto che approfittare dell'amicizia di Dio e della gioia del cielo?
Oh! chi potrebbe mai comprendere la disgrazia del peccatore?
Dio piange per la sua perdita, gli offre tutto, per salvarlo, senza poterci riuscire!...

Questa cattedra (il pulpito), fratelli miei, anche quando non vi parlo da essa, potreste mai guardarla, senza ricordarvi le verità che da qui vi sono state annunciate, e i mezzi numerosi che vi sono stati dati per arrivare al cielo, vostra vera patria? (“arrivare al cielo”, unico scopo di ogni autentica predicazione, oggi quasi rimosso, a ogni livello della scala...; n.d.a.).
Non sembra forse che essa vi rimproveri anche la vostra ignoranza, la vostra durezza di cuore, e la sregolatezza della vostra vita, malgrado tante istruzioni che vi avete ricevute?
Guardiamola bene; questa stessa cattedra, nel giorno del Giudizio, si leverà per accusarci, se continueremo a disprezzare quella parola che ha convertito tanti altri, mentre, a noi, non è servita che a renderci più colpevoli, per il disprezzo che ne abbiamo avuto!
La Tavola santa (la balaustra?), che cosa ci dice?
Fratelli miei, potremmo mai considerare queste tovaglie distese, senza sentire i nostri cuori bruciare tutti d'amore e di riconoscenza?
Ditemi! Abbiamo pensato che è qui che abbiamo avuto la felicità di mangiare il Pane degli angeli, che è lì che il nostro Dio si è donato a noi come cibo, che là Gesù Cristo ha preso possesso della nostra anima e del nostro cuore?
Abbiamo riflettuto che è a questa Tavola santa che abbiamo ricevuto il bacio della pace?
O felicità troppo grande ma troppo poco conosciuta dai cristiani dei nostri giorni!...

Ma, salite più in alto, fratelli miei, e vedrete uno spettacolo ancora più commovente.
Quell'altare! sarà mai possibile portarvi lo sguardo, senza inondare il pavimento di lacrime?...
O santa Religione, quanto sei bella, quanto sei ricca e capace di rendere felice un cristiano che ti conosca!
Oh! come questo nuovo Calvario ci ricorda da solo alcuni misteri!
Ditemi, avete mai pensato che è là che il Padre Eterno consuma la sua Giustizia, immolando ogni giorno il suo divin Figlio?
Avete mai riflettuto bene che è su questo stesso altare che questo stesso Padre consuma la sua misericordia, sacrificando ogni giorno quel Figlio prediletto, per la salvezza delle anime; che è lì che Egli paga tutti i debiti di cui noi siamo debitori, verso la giustizia di suo Padre?
Ah! per meglio dire: questo altare è come il seno di Maria, dove Egli s'incarna ogni giorno, nelle mani del sacerdote.
Sì, è il presepe dove nasce di nuovo, è su questo altare che si immola, come quell'altra volta sul Calvario!
Che dico? è veramente un secondo cielo, dove Egli è assiso alla destra del Padre suo, per essere il nostro Mediatore.
O mio Dio! quali grandi meraviglie ci annuncia quest'altare!
Potrei dirvi anche che è qui che Gesù Cristo distrugge la morte del peccato, per donarci la vita della grazia, ed è qui che paga, con l'effusione di tutto il suo Sangue adorabile, tutto ciò di cui siamo debitori verso la giustizia di suo Padre.
Ditemi, come, alla vista di tanti benefici da parte di un Dio, noi non dovremmo sentire ardere i nostri cuori, fondersi d'amore davanti a questo altare, come la cera davanti al fuoco?

La stessa lampada non sembra dirci che Gesù Cristo è veramente presente nel Tabernacolo, e che se siamo peccatori, possiamo venire qui a piangere i nostri peccati, e vi troveremo il nostro perdono?
Queste immagini, esposte ai nostri sguardi, non ci dicono forse che i santi che rappresentano, hanno trascorso la loro vita nell'umiltà, nel disprezzo e nelle sofferenze, e che l'hanno conclusa, nella maggior parte, fra i tormenti più orribili? (sintesi efficace della “carriera” dei santi; n.d.a.).
«Oh! ci gridano questi santi del cielo, se voi poteste comprendere quanto le nostre sofferenze siano ricompensate, con quale ardore camminereste anche voi sulle nostre tracce!».
Cosa vi dicono, fratelli miei, questi morti sui quali ora vi trovate, poichè in altri tempi li si seppelliva nelle chiese?
Non ci dicono forse: «Oh! come siete insensati ad attaccarvi così fortemente alla vita e a perdere di vista la vostra eternità!
Tra qualche istante voi lascerete la terra con tanti rimpianti; il mondo è un impostore che, dopo averci sedotti, ci precipita per sempre nelle fiamme dell'inferno!».
Sì, fratelli miei, le pietre stesse di questa chiesa, unite col cemento, ci mostrano la carità e l'amore che dobbiamo avere gli uni verso gli altri.
Diciamo di più: tutto ciò che si trova nella chiesa ci istruisce e ci porta a Dio.
I ceri che si consumano alla Presenza di Gesù Cristo, presente nel Tabernacolo, ci mostrano che un cristiano deve impiegare tutta la sua vita al servizio della salvezza delle anime.
L'incenso che brucia sembra dirci che i nostri cuori devono essre tutti ardenti per l'amore di Dio; che tutti i nostri pensieri e i nostri desideri devono volgersi verso il cielo, nostra patria.
Il canto, come dice sant'Agostino, deve intenerire i nostri cuori e fargli versare lacrime d'amore, come accadeva a lui nella chiesa di Milano, sentendo cantare gli inni e i cantici a gloria di Dio.
«O mio Dio, gridava questo grande santo, quale sarà dunque la gioia che proveremo, quando ascolteremo gli angeli cantare i loro bei cantici di eterna gioia!».

Converrete con me, che se facessimo attenzione a tutto questo, avremmo una vera devozione, e un grande rispetto durante i sacri uffici.
Se amiamo così poco il buon Dio, degli oggetti così toccanti non dovrebbero infiammare d'amore e di riconoscenza il nostro cuore, e riempire il nostro spirito di pensieri santi?
Non dovremmo dire, come il santo re Davide: «O mio Dio! com'è bello abitare nel tuo santo tempio: un solo giorno qui ci rende più felici che mille anni nell'assemblea dei grandi del mondo» (cfr. Salmo 84,11).

Sì, fratelli miei, se pensassimo seriamente che le nostre chiese sono un altro cielo nel quale Gesù Cristo si degna di abitare fra noi, e che Egli è quello stesso Dio che gli angeli adorano tremanti; ditemi, fratelli miei, oseremmo starci senza rispetto, in una dissipazione quasi scandalosa, ridendo, girando la testa, tenendo conversazioni del tutto mondane e, forse, fissando degli appuntamenti?
Ah! fratelli miei, quanto oltraggiano il buon Dio, coloro che parlano nelle nostre chiese, dove non si deve fare altro che pregare!

Leggiamo nella storia che una donna aveva l'abitudine di parlare in chiesa, quando se ne presentasse l'occasione.
Dopo la sua morte fu trovato il suo corpo senza nessuna macchia, ma videro uscire dalla sua bocca un serpente e molti rospi che gli mangiavano la bocca.
Il buon Dio fece questo miracolo per mostrarci come siano colpevoli coloro che osano parlare in chiesa, senza una grave necessità.
Ah! se amassimo il buon Dio non avremmo bisogno che ci facessero conoscere la gravità di questo peccato!
Se fossimo ben convinti che è là che abita il nostro Dio, che è là che Egli tiene il trono della sua misericordia e il canale delle sue grazie, non potremmo entrarci senza tremare.
Ditemi, fratelli miei, fino a quando risponderemo a tanti benefici con una indifferenza mortale e con sempre nuovi oltraggi?
Oh! come saremmo felici se assistessimo ai nostri santi uffici con rispetto e fiducia! quante grazie e benedizioni riceveremmo! quale cambiamento vedremmo nel nostro modo di vivere!

Si racconta nella Sacra Scrittura che la regina di Saba, avendo sentito raccontare tante belle cose su Salomone e sulle meraviglie che si operavano presso di lui, volle vederlo lei stessa.
Ma quando vide la bellezza del tempio e il grande ordine che vi regnava, se ne ritornò, ci dice la Scrittura, confessando che tutto quello che le avevano detto non era nulla in confronto a ciò che i suoi occhi avevano visto.
Quelle meraviglie rimasero profondamente impresse nel suo cuore.
Ecco, precisamente, fratelli miei, quello che ci accadrebbe, uscendo dalla chiesa, se facessimo bene attenzione a tutto ciò che succede durante i nostri santi e temibili misteri (il Mistero di Dio, il “Totalmente Altro” è allo stesso tempo
tremendum et fascinans”, secondo una certa filosofia e teologia;n.d.a.).
Che cosa ci poteva essere nel tempio di Salomone che si possa avvicinare minimamente alle cerimonie delle nostre chiese?
Lì c'era un uomo che Dio faceva agire; qui c'è Dio stesso che agisce e che opera dei miracoli all'infinito.
Il tempio di Salomone era destinato a racchiudere un po' di manna, e le tavole della Legge (conservate, secondo la tradizione, nell'Arca dell'alleanza; n.d.a.); ma nelle nostre chiese, oh! grande Dio! è Gesù Cristo stesso che sparge il suo Sangue, e s'immola ogni giorno sui nostri altari, alla giustizia di suo Padre, per i nostri peccati!
Oh! no, fratelli miei, noi non riusciamo a penetrare nella grandezza delle meraviglie che si operano ogni giorno; esse sono così grandi, così al di sopra delle nostrte conoscenze, che non potremmo che perderci!
Più le esaminiamo, e più troviamo che sono incomprensibili.

E parliamo solo di quello che vedono i nostri occhi.
Un cristiano, uscendo dagli uffici sacri, toccato dalla Parola di Dio che ha ascoltato, dai santi pensieri che gli hanno suggerito la vista delle cerimonie e le preghiere che ha fatto: «Ho appena assistito alla santa Messa, dovrebbe dire a se stesso, un Dio si è immolato per me, Egli ha sparso il suo Sangue per la salvezza della mia anima, che poteva fare di più?
Ah! me miserabile! che, dopo tanti anni, gli rifiuto il mio cuore, che Egli ha creato solo per sè, e che Egli mi richiede solo per renderlo felice! Ho appena cantato le lodi di Dio, con questa stessa bocca che tante volte ho insozzato con delle menzogne, con dei giuramenti e con parole disoneste.
O mio Dio! la mia lingua servirà sempre, ora per lodarti, ora per disprezzarti? No, Signore, non voglio fare altro che benedirti e amarti.
Ho appena ascoltato la Parola divina, oh! com'è bella e com'è vera!
Mi sono sinceramente riconosciuto in tutto ciò che è stato detto; sì, è proprio per me che è stata predicata; è da tanti anni che ascolto questa santa Parola, ma sono sempre lo stesso!
Mio Dio! tante istruzioni che ascolto, serviranno dunque per la mia dannazione?
Non me le ricorderai forse nel giorno del Giudizio, per esaminare il profitto che ne ho fatto?
Quante buone azioni, quante buone opere, quante buone preghiere avrei potuto fare, se avessi voluto fare ciò che mi è stato insegnato!...».

Sì, fratelli miei, ecco il discorso che un buon cristiano dovrebbe tenere uscendo dai santi uffici, e ogni cristiano che, andando via, non abbia questi pensieri nel suo cuore, non ha assistito affatto ai santi uffici con le disposizioni che avrebbe dovuto avere.

Aggiungiamo anche che la regina di Saba, ritornando a casa sua, non riusciva a saziarsi nel raccontare tutto quello che aveva visto nel tempio di Salomone; ella ne parlava sempre con rinnovato piacere.
La stessa cosa deve succedere a un cristiano che abbia assistito bene alla santa Messa; ritornando a casa propria, egli deve intrattenersi con i suoi figli e con i suoi domestici, e chiedere loro che cosa ricordino, e che cosa li abbia colpiti particolarmente.
Ahimè! mio Dio! che devo dire?...
Quanti padri e madri, padroni e padrone, che, se si volesse parlare loro di quello che hanno sentito alla santa Messa, si burlerebbero di tutto ciò, dicendo che si sono annoiati, che ormai ne sanno abbastanza!...
Tuttavia, generalmente parlando, sembra che alcuni ascoltino quella santa Parola, ma, non appena si esce dalla chiesa, ci si lascia andare a ogni sorta di dissipazione; ci si alza dal banco precipitosamente; si corre, ci si accalca alla porta; il sacerdote spesso non è ancora sceso dall'altare, che già si è usciti fuori, e là, ci si dedica a ogni sorta di cose di altro genere.
Sapete voi, fratelli miei, qual è il risultato?
Eccolo. Non si approfitta di nulla, e non si ricava nessun frutto da tutto ciò che si è ascoltato e visto nella casa del buon Dio.
Quante grazie disprezzate! Quanti mezzi di salvezza messi sotto i piedi! O quale disgrazia! far tornare a nostra perdita quello che ci dovrebbe aiutare così bene a salvarci!
Ahimè! lo vedete voi stessi come questi uffici sacri risultino opprimenti, per il maggior numero di cristiani!
Durante quei momenti, essi sono rimasti in chiesa come in una specie di prigione, e appena usciti, li sentite gridare alla porta, simili a prigionieri a cui si è data la libertà!
Non è forse vero che a volte si è obbligati a chiudere la porta, se non si vuole essere storditi da queste grida continue?
Mio Dio! sono questi i cristiani che non dovrebbero ritirarsi dal vostro santo tempio, se non con lo spirito pieno di ogni sorta di buoni pensieri e di buoni desideri?
Non dovrebbero forse cercare di imprimerli bene nella loro memoria, per non perderli più, e metterli in pratica, non appena se ne presenti l'occasione?
Ahimè! il numero di quelli che assistono ai santi uffici con attenzione, e che cercano di trarne profitto, è pressappoco come il numero degli eletti: ah! com'è piccolo!

Che cosa dobbiamo concludere, fratelli miei, da tutto ciò?
Se volete che il culto che rendete a Dio sia gradito a Lui e vantaggioso per la salvezza della vostra anima, mettetelo in pratica: cominciate a prepararvi alla santa Messa da quando vi svegliate, unendovi a tutte le messe che si dicono in quel momento.
Quando suona la campana che vi chiama alla casa del buon Dio, pensate che è Gesù Cristo stesso che vi chiama; partite subito, affinchè abbiate qualche momento per meditare sulla grandezza dell'azione alla quale state per assistere.
Non dite, come certa gente senza religione, che avete tempo, e che se no arrivereste sempre in anticipo; ma dite piuttosto, come il santo profeta: «Ho gioito quando mi hanno detto: andiamo nella casa del Signore» (Salmo 122,1).
Dal momento in cui siete usciti di casa, occupatevi di ciò che state andando a compiere, e di quello che chiederete al buon Dio.
Cominciate a districare il vostro spirito dalle cose terrene, per non pensare che a Dio solo.
Evitate ogni sorta di conversazioni inutili, che servono solo a farvi ascoltare male la santa Messa.
Entrando in chiesa, ricordatevi ciò che vi dice il santo patriarca Giacobbe: «Oh! com'è terribile questo luogo! oh! com'è santo; è veramente la casa di Dio e la porta del cielo!» (Genesi 28,47).
Quando siete al vostro posto, umiliatevi profondamente alla vista della vostra indegnità e della grandezza del vostro Dio che desidera, malgrado i vostri peccati, sopportarvi alla sua Presenza.
Fate un atto di fede con tutto il cuore.
Domandate a Dio che vi faccia la grazia di non perdervi nulla di tutti i favori che accorda a coloro che vengono con buone disposizioni; aprite il vostro cuore, affinchè la Parola di Dio possa entrarvi, mettervi radici e portarvi frutto per la vita eterna.
Prima di uscire dalla chiesa, non mancate di ringraziare il buon Dio per le grazie che vi ha appena fatto, e tornate a casa tutti presi da ciò che avete ascoltato.
Sì, fratelli miei, se ci comportiamo in questo modo, non usciremo mai dai santi uffici senza sentirci pieni di un nuovo gusto per il cielo, di un nuovo disgusto per noi stessi e per la terra.
Il nostro cuore e il nostro spirito sarebbero tutti per Dio e niente per il mondo; allora la casa del buon Dio sarebbe veramente per noi la porta del cielo: è quello che vi auguro.
(Da notare che i tempi non sono affatto cambiati, anzi, sono peggiorati di molto: se oggi quei pochi cristiani hanno tanta fretta di uscire dalle chiese, dopo una Messa che duri più di mezz'ora, cosa avrebbero fatto ai tempi del curato, quando già solo l'omelia durava all'incirca un'ora- un'ora e mezza o più, e il resto della celebrazione era molto più lunga di adesso? Basti pensare alla durata della presente omelia, che abbiamo suddiviso in due parti, se venisse proclamata oggi, tutta di seguito...
In se stesse, tali omelie, sono autentici capolavori di spiritualità, utilissime oggi per colmare non le lacune ma le voraggini aperte dalla rimozione sistematica e pericolosissima del desiderio del cielo e del timore dell'inferno.
Ma, a parziale discolpa dei suoi parrocchiani, occorre ammettere che, proclamate dal pulpito durante la celebrazione, esse risultano oggettivamente troppo pesanti e sproporzionate: ma anche i santi hanno le loro non piccole stravaganze...n.d.a.).