Il peccato rinnova la Passione di Gesù Cristo

Venerdì santo
Il peccato rinnova la Passione di Gesù Cristo
«Coloro che peccano, crocifiggono di nuovo in se stessi il Figlio di Dio»
(cfr.Ebr 6,6).

Possiamo, fratelli miei, concepire un crimine più orribile di quello dei Giudei, quando fecero morire il Figlio di Dio, che attendevano da quattromila anni; Lui che era stato l’ammirazione dei profeti, la speranza dei patriarchi, la consolazione dei giusti, la gioia del Cielo, il tesoro della terra, la felicità dell’universo?

Qualche giorno prima, essi lo avevano ricevuto in trionfo al suo ingresso a Gerusalemme, manifestando così chiaramente, che lo riconoscevano come Salvatore del mondo.

Ditemi, fratelli miei, è mai possibile che, malgrado tutto ciò, essi vogliano farlo morire, dopo averlo sommerso con ogni sorta di oltraggi?
Quale male aveva dunque fatto loro questo divin Salvatore? O piuttosto, quale bene stava sottraendo loro, venendo a liberarli dalla tirannia del demonio, a riconciliarli con suo Padre, ad aprire loro la porta del Cielo, che il peccato di Adamo aveva chiuso per essi?

Ahimè! di cosa non è capace l’uomo che si lascia accecare dalle sue passioni!
Pilato lasciò ai Giudei la scelta di liberare o Gesù o Barabba, che era un famoso ladro. Essi liberano il ladro carico di peccati, e Gesù, che era l’innocenza in persona, e ancora di più, il loro Redentore, vogliono farlo morire!

O mio Dio! quale indegna preferenza!
Questo vi stupisce, fratelli miei, e avete sicuramente ragione; tuttavia, se posso osare, vi direi che tutti noi facciamo questa stessa preferenza, tutte le volte che pecchiamo.
E per farvelo capire meglio, vi mostrerò quanto grande sia l’oltraggio che arrechiamo a Gesù Cristo, preferendo la via delle nostre inclinazioni alla via di Dio.

Sì, fratelli miei, la malizia degli uomini ha fatto trovare loro dei mezzi per rinnovare le sofferenze e la morte di Gesù Cristo, non solo in un modo così crudele come i Giudei, ma in una maniera ancora più sacrilega e piena di orrore.

Gesù Cristo, sulla terra, aveva solo una vita e un calvario, sul quale doveva essere crocifisso; ma dopo la sua morte l’uomo, con i suoi peccati, gli fa trovare tante croci, quanti sono i cuori sulla terra.
Per convincervene meglio, consideriamo ciò da più vicino.

Che cosa percepiamo, nella passione di Gesù Cristo?
Non è forse un Dio tradito, abbandonato perfino dai suoi discepoli, un Dio messo a confronto con un vile ladruncolo, un Dio esposto al furore del libertinaggio e trattato come un re da teatro? Insomma, non è forse un Dio crocifisso su una croce?
Tutto questo, voi ne converrete, era molto umiliante e molto crudele, nella morte di Gesù Cristo. Tuttavia, fratelli miei, io non temo di dirvi che ciò che accade ogni giorno fra i cristiani, è ancora più doloroso per Gesù Cristo, di tutto quello che i Giudei hanno potuto fargli soffrire.

Io so bene che Gesù Cristo fu tradito e abbandonato dai suoi apostoli: fu questa, forse, la piaga più dolorosa per il suo cuore tanto buono.
Ma io dico anche che, a causa della malizia dell’uomo e del demonio, questa piaga così dolorosa si rinnova ogni giorno, a causa di un numero infinito di cattivi cristiani.

Se Gesù Cristo, fratelli miei, nella santa Messa, ci ha lasciato il memoriale e il merito della sua passione, Egli lo ha fatto per permettere che vi siano ancora degli uomini, dei cristiani segnati col marchio di suoi discepoli, che tuttavia lo tradiscono e lo abbandonano, non appena se ne presenti l’occasiome.

Essi non si fanno scrupolo di rinunciare al loro battesimo, nè di rinnegare la loro fede, e questo, per paura di essre derisi o disprezzati da qualche libertino o da qualche piccolo ignorante.

A questo numero appartengono i tre quarti delle persone dei nostri giorni, che non ardiscono mostrare con le loro azioni che sono cristiani.
Ora, noi abbandoniamo il nostro Dio, tutte le volte che tralasciamo le nostre preghiere la sera o al mattino, o che manchiamo alla Messa, ai Vespri, o alle altre celebrazioni che si svolgono in chiesa.
Noi abbiamo abbandonato il nostro Dio, da quando non frequentiamo più i sacramenti.

Ah! Signore, dove sono coloro che ti restano fedeli, che ti seguono fino al calvario?...
Gesù Cristo, al tempo della sua passione, aveva già previsto quanti pochi cristiani lo avrebbero seguito dappertutto, quanto pochi ce ne sarebbero stati che nè i tormenti, nè la morte, avrebbero potuto separare da Lui.
Fra tutti i suoi discepoli, non ci fu allora che sua Madre e san Giovanni, che ebbero abbastanza coraggio da accompagnarlo fino al Calvario.

Fino a che Nostro Signore ricolmò i suoi discepoli di benefici, essi furono sempre pronti a soffrire.
Tali erano san Pietro e san Tommaso; ma nel momento della prova, tutti fuggirono, tutti lo abbandonarono.
E’ questa l’immagine evidente di tanti cristiani che offrono a Dio le più belle risoluzioni, ma che, alla minima prova, lo lasciano e lo abbandonano.
Essi non vogliono riconoscere nè Dio nè la sua Provvidenza.
Una piccola calunnia, un piccolo torto che subiscono, una malattia un po’ lunga, il timore di perdere l’amicizia di una persona dalla quale hanno ricevuto, o si aspettano di ricevere qualche bene, tutto questo, fa loro considerare la religione come un niente.
Essi la mettono da parte, e arrivano perfino a scatenarsi contro coloro che la praticano.
Essi volgono tutto in male, e maledicono le persone che ritengono esserne la causa.

Ahimè! mio Dio! quanti disertori!
Ci sono così pochi cristiani che ti seguono, come la santa Vergine, fino al Calvario!...

«Ma, mi direte voi, come possiamo conoscere che stiamo seguendo Gesù Cristo?».

Fratelli miei, niente di più facile da sapere: se osservate fedelmente i comandamenti.

Ci viene comandato di pregare Dio alla sera e al mattino, con grande rispetto: ebbene! lo fate voi, in ginocchio, prima di lavorare, nel desiderio di piacere a Dio e di salvare la vostra anima?
Oppure, lo fate solo per abitudine, per routine, senza pensare a Dio, senza pensare che siete nel pericolo di perdervi, e che, di conseguenza, avete bisogno delle grazie del buon Dio per non dannarvi?

I comandamenti di Dio vi ordinano di non lavorare nel santo giorno di domenica.
Ebbene! vedete se vi siete stati fedeli, se avete trascorso santamente questo giorno, nella preghiera, confessando i vostri peccati, per timore che la morte non vi sorprenda in uno stato tale, da condurvi all’inferno.

Esaminate la maniera in cui avete assistito alla santa Messa, per vedere se siete stati ben penetrati dalla grandezza di questa azione, se avete veramente pensato che era Gesù Cristo stesso, come uomo e come Dio, che era presente sull’altare.
Vi siete venuti con le disposizioni che la santa Vergine aveva sul Calvario, visto che si tratta dello stesso Dio e dello stesso sacrificio?

Avete testimoniato a Dio quanto eravate afflitti per averlo offeso, e che, con l’aiuto della sua Grazia, preferireste morire, piuttosto che peccare per l’avvenire?
Avete fatto tutto il possibile, per rendervi degni dei favori che il buon Dio voleva accordarvi?
Gli avete chiesto di farvi la grazia di saper approfittare delle istruzioni che avete la fortuna di ascoltare, e il cui scopo è quello di istruirvi sui doveri che voi avete sia verso di Lui che verso il vostro prossimo?

I comandamenti di Dio, vi proibiscono di giurare.
Vedete quali parole sono uscite dalla vostra bocca, consacrata a Dio per mezzo del santo battesimo; esaminate se per caso non abbiate qualche volta offeso il santo Nome di Dio, se non abbiate detto qualche cattiva parola, ecc.

Il buon Dio vi ordina, con un comandamento, di amare vostro padre e vostra madre, e tutto il resto.

Voi affermate di essere figli della Chiesa: vedete se osservate ciò che essa vi comanda... (in perfetta linea con la Sacra Scrittura, il santo curato non perde occasione di manifestare il suo “pragmatismo” cristiano: dire a Dio che si crede in Lui e che lo si ama, non con i sentimenti, nè con le parole, e nemmeno con profondi concetti, ma semplicemente, con i fatti; n.d.a.).

Sì, fratelli miei, se siamo fedeli a Dio come lo era la santa Vergine, non temeremo nè il mondo, nè il demonio; saremo pronti a sacrificare tutto, perfino la nostra vita.

Eccovi un esempio.
La storia racconta che, dopo la morte di san Sisto, tutte le ricchezze della Chiesa furono affidate a san Lorenzo.
L’imperatore Valeriano, fece venire il santo, e gli ordinò di dargli tutti quei tesori.
San Lorenzo, senza turbarsi, chiese al principe un rinvio di tre giorni. Durante questo tempo, egli radunò tutti coloro che poteva, tra ciechi, zoppi, e altri poveri o malati, pieni di infermità o coperti di ulcere.

Trascorsi i tre giorni, san Lorenzo li mostrò all’imperatore, dicendogli che era quello tutto il tesoro della Chiesa.
Valeriano, sorpreso e spaventato di trovarsi in presenza di una folla che sembrava riunire in sè tutte le miserie della terra, montò in collera, e voltandosi verso i suoi soldati, comandò di caricare Lorenzo con catene e con ceppi, riservandosi il piacere di vederlo morire con una morte lenta e crudele.

Infatti, lo fece battere con verghe, gli fece strappare la pelle, e subire tormenti di ogni sorta: il santo gioiva di tutte queste torture; allora Valeriano, non contenendosi più, fece rizzare un letto di ferro, sul quale fu disteso Lorenzo; poi fece accendere al di sotto, un piccolo fuoco di carboni, per farlo arrostire lentamente, e rendere così la sua morte, più crudele e più lenta.

Quando il fuoco ebbe consumato una parte del suo corpo, san Lorenzo, burlandosi di quel supplizio, si volse verso l’imperatore, col viso sorridente e tutto raggiante di luce: «Non vedi, gli disse, che la mia carne si è arrostita abbastanza da un lato? girala dunque dall’altro, affinchè essa sia interamente gloriosa nel Cielo».

Per ordine del tiranno, i carnefici girarono il santo martire.
Un po’ di tempo dopo, san Lorenzo si rivolse all’imperatore: «La mia carne, al momento, è abbastanza cotta, puoi anche mangiarne».

Fratelli miei, non riconoscete qui un cristiano che, imitando la santa Vergine e santa Maddalena, sa seguire il suo Dio fino al Calvario?
Ahimè! fratelli miei, che ne sarà di noi allorchè il buon Dio ci metterà a confronto con questi santi, che hanno preferito soffrire qualunque cosa, piuttosto che tradire la loro religione e la loro coscienza? (notevole questo accenno del santo alla “coscienza”, che è il massimo criterio e il giudice supremo del nostro agire, e non solo nè principalmente alle regole esteriori della propria “religione”; n.d.a.).

Noi non ci siamo accontentati di abbandonare Gesù Cristo, come gli apostoli, i quali, dopo essere stati colmati dei suoi benefici, fuggirono quando Egli aveva più bisogno di consolazione.

Ahimè! com’è grande il numero di coloro che danno la loro preferenza a Barabba, e cioè, che preferiscono meglio servire il mondo e le loro passioni, che Gesù Cristo, che porta la croce.!

Quante volte lo abbiamo ricevuto come in trionfo, nella santa Comunione, e qualche tempo dopo, sedotti dalle nostre passioni, abbiamo preferito a questo Re di gloria, o il piacere di un momento, o un vile interesse, che noi perseguiamo, nonostante i rimorsi della nostra coscienza!

Quante volte, fratelli miei, non ci siamo sentiti divisi tra la nostra coscienza e le nostre passioni, e, in questo combattimento, non abbiamo soffocato la voce di Dio, per ascoltare solo quella delle nostre cattive inclinazioni?
Se ne dubitate, ascoltatemi un istante, e lo capirete il più chiaramente possibile.

La nostra coscienza, che è il nostro giudice, allorchè facciamo qualcosa contro la legge di Dio, ci dice interiormente: «Che cosa stai facendo?... Ecco, il tuo piacere da una parte, e il tuo Dio, dall’altra; non puoi accontentare entrambi nello stesso tempo: con quale dei due ti vuoi schierare?... Rinuncia o al tuo piacere o al tuo Dio».

Ahimè! quante volte facciamo come i Giudei: diamo la preferenza a Barabba, cioè alle nostre passioni! quante volte abbiamo detto: «Voglio il mio piacere!...»
La nostra coscienza ci ha risposto: «Ma che ne sarà del tuo Dio?».
«Del mio Dio avvenga quel che vuole: rivoglio le mie passioni, voglio soddisfarmi».
«Tu sai bene, ci dice la coscienza, con i rimorsi che ci fa provare, che perseguendo questi piaceri proibiti, tu farai morire il tuo Dio una seconda volta!».
«Che m’importa, risponde la nostra passione, se il mio Dio sarà crocifisso? purchè io mi appaghi!».
«Ma che male ti ha fatto il tuo Dio, e che motivo hai di abbandonarlo? Sai bene che, ogni volta che lo hai disprezzato, te ne sei pentito, e che, seguendo le tue cattive inclinazioni, tu perdi la tua anima, il Cielo e il tuo Dio!».
Ma la passione, che brucia dal desiderio di soddisfarsi: «Il mio piacere, risponde, ecco la ragione: Dio è nemico del mio piacere: che sia crocifisso!».
«Preferirai forse, il piacere di un istante, al tuo Dio?».
«Sì, grida la passione, avvenga quel che vuole della mia anima e del mio Dio, purchè io goda!»
(Davvero magistrale questa “sceneggiatura” improvvisata, tra la coscienza e la passione, sulla falsariga del dialogo riportato nei Vangeli, tra Pilato e i Giudei; n.d.a.).

Ecco dunque, fratelli miei, ciò che noi facciamo, ogni volta che pecchiamo.
E’ vero che non ce ne rendiamo conto sempre con questa chiarezza, ma sappiamo molto bene che ci è impossibile desiderare di commettere il peccato, senza perdere il nostro Dio, il Cielo, e la nostra anima.

Non è forse vero che, ogni volta che siamo sul punto di peccare, sentiamo una voce interiore, che ci grida di fermarci, altrimenti finiremo per perderci e faremo morire il nostro Dio? (i filosofi e teologi della “morte di Dio”, nel secolo successivo, avrebbero pensato di uccidere Dio con le loro teorie astratte, mentre il nostro curato, sempre molto pragmatico, ci dice che Dio lo si uccide con le azioni peccaminose, e non con i concetti elaborati da una mente malata e marcia; n.d.a.).

Ah! possiamo ben dirlo, fratelli miei, la passione che i Giudei fecero soffrire a Gesù Cristo, non era quasi nulla, in confronto a quella che i cristiani gli fanno sopportare con gli oltraggi del peccato mortale.
I Giudei preferirono a Gesù Cristo un ladrone che aveva commesso molti omicidi; ma cosa fa il cristiano peccatore?...
Non è un uomo, che egli preferisce al suo Dio, ma è, diciamolo gemendo, un miserabile pensiero di orgoglio, di odio, di vendetta o di impurità; è un atto di ingordigia, un bicchiere di vino, un miserabile guadagno di cinque soldi appena; è uno sguardo disonesto o qualche azione infame: ecco che cosa egli preferisce al Dio di ogni santità!

Ah! disgraziati, che cosa facciamo? Quale sarà il nostro orrore, allorchè Gesù Cristo ci mostrerà ciò che gli abbiamo preferito?...
Ah! fratelli miei, possiamo noi portare il nostro furore nero, contro un Dio che ci ha tanto amato?...

Non dobbiamo stupirci se i santi, che conoscevano la gravità del peccato, hanno preferito soffrire tutto quello che il furore dei tiranni poteva inventarsi, piuttosto che commetterlo.

Ne abbiamo un esempio mirabile nella persona di santa Margherita.
Suo padre, sacerdote idolatra, e di grande reputazione, vedendola diventare cristiana e non potendo farla rinunciare alla sua religione, la maltrattò nella maniera più indegna, poi la cacciò di casa.
Margherita non si scompose affatto, e, malgrado la nobiltà delle sue origini, andò a condurre una vita umile e oscura, presso la sua nutrice la quale, fin dalla tenera età, le aveva ispirato le virtù cristiane.

Un certo prefetto del pretorio, di nome Olibrio, catturato dalla sua bellezza, se la fece condurre, per farle rinnegare la sua fede, e sposarla.
Alle prime domande che le fece il prefetto, ella rispose che era cristiana e che sarebbe rimasta per sempre la sposa di Cristo.
Olibrio, irritato dalla risposta della santa, comandò ai carnefici di spogliarla dei suoi abiti e di stenderla sul cavalletto.
Là, la fece battere con le verghe, con tale crudeltà, che il sangue colava da tutte le sue membra.
In mezzo a questi tormenti, le si diceva di sacrificare agli dei dell’impero, per non perdere la sua bellezza e la vita, per la sua testardaggine.

Ma, in mezzo ai supplizi, ella gridava: «No, no, giammai, per un bene passeggero, e per un piacere vergognoso, io abbandonerò il mio Dio!
Gesù Cristo, che è il mio sposo, si prende cura di me, e non mi abbandonerà».
Il giudice, vedendo il suo coraggio, che egli chiamava testardaggine, la fece battere così crudelmente, che, sebbene fosse un barbaro, fu costretto a voltarsi dall’altra parte.
Temendo che ella soccombesse, la fece condurre in prigione.

Il demonio apparve alla giovane vergine, sotto la forma di un terribile dragone, che sembrava volerla inghiottire. Ma avendo la santa fatto un segno di croce, quello schiattò ai suoi piedi.

Dopo questo terribile combattimento, ella vide una croce, brillante come un globo di luce, e una colomba di una bianchezza meravigliosa, che planava al di sopra.
Allora si sentì tutta fortificata.
Qualche tempo dopo, il giudice iniquo, vedendo che non aveva alcun potere su di lei, malgrado le torture di cui gli stessi carnefici si spaventavano, le fece, alla fine, tagliare la testa.

Ebbene! fratelli miei, facciamo forse come santa Margherita, noi che preferiamo un vile interesse a Gesù Cristo?
Noi che amiamo meglio trasgredire i comandamenti di Dio, o della Chiesa, piuttosto che dispiacere al mondo?
Noi che, per compiacere un amico empio, mangiamo carne nei giorni proibiti?
Noi che, per rendere un servizio a un vicino, non ci facciamo scrupolo di lavorare, o di prestare le nostre bestie, nel santo giorno di domenica?
Noi, infine, che trascorriamo una parte di questo girono, e perfino il tempo dedicato alle celebrazioni, al gioco o al cabaret, piuttosto che dispiacere a qualche miserabile amico?

Ahimè! fratelli miei, i cristiani disposti a fare come santa Margherita, a sacrificare tutto, i loro beni e la loro vita, piuttosto che dispiacere a Gesù Cristo, sono tanto rari quanto lo sono gli eletti, cioè coloro che saliranno in Cielo.
Mio Dio! com’è cambiato il mondo! (e ancora non avevi visto niente...; n.d.a.).

Abbiamo deto che Gesù Cristo, fu esposto agli insulti del libertinaggio, e trattato come un re di teatro, da un branco di falsi adoratori.

Vedete questo Dio, che i cieli e la terra non possono contenere, che, se lo volesse, con un solo sguardo annienterebbe il mondo: gli si getta sulle spalle un vile mantello scarlatto, gli si mette una canna nelle mani e una corona di spine sulla testa, e lo si consegna nelle mani di una coorte insolente di soldati.

Ahimè! in quale stato è ridotto Colui che gli angeli adorano tremanti!
Si piegano le ginocchia davanti a Lui per la più amara derisione; si afferra la canna che tiene nelle mani, e gli si percuote la testa.

Oh! quale spettacolo! Oh! quale empietà!...
Ma la carità di Gesù Cristo è così grande che, malgrado tanti oltraggi, e senza far sentire nessun lamento, Egli muore volontariamente, per salvarci tutti.
E pertanto, fratelli miei, questo spettacolo che noi non possiamo contemplare che fremendo, si ripropone tutti i giorni nella condotta di un gran numero di cristiani.

Consideriamo la maniera in cui questi disgraziati si comportano durante gli uffici divini, alla Presenza di un Dio che si è annientato per noi, che riposa sui nostri altari e sui nostri tabernacoli, per colmarci di ogni sorta di beni; quale adorazione gli tributano?

Gesù Cristo, non è forse trattato ancora più crudelmente dai cristiani, che dai Giudei, che non avevano, come noi, la fortuna di conoscerlo?

Vedete queste persone sensuali: essi piegano appena un ginocchio, nel momento più temibile del Mistero; guardate questi sorrisi, queste parole, questi sguardi gettati in ogni angolo della chiesa, questi segni che si scambiano tutti questi piccoli empi e piccoli ignoranti.

Ma questa è sola la parte esteriore; se potessimo penetrare fin nel profondo del cuore, ahimè! quanti pensieri di odio, di vendetta, di orgoglio! Oserei dire, quanti pensieri impuri divorano e corrompono i cuori!

Questi poveri cristiani, spesso non hanno nè libri nè rosari, durante la santa Messa, e non sanno come occupare il tempo degli uffici divini; per questo, li sentite dispiacersi e mormorare perchè li si tiene troppo tempo alla santa Presenza di Dio!

O Signore! quale oltraggio e quale insulto ti si fa, nell’ora stessa in cui tu apri con tanta bontà e amore, le viscere della tua Misericordia!...

Io non mi stupisco affatto, fratelli miei, che i Giudei abbiano colmato Gesù Cristo di obbrobri, lo abbiano considerato come un criminale, e ancor più, abbiano creduto di compiere, con ciò, una buona opera, perchè «Se lo avessero conosciuto, ci dice san Paolo, giammai avrebbero fatto morire il Re della Gloria» (1 Corinzi 2,8).

Ma dei cristiani, che sanno molto bene che Gesù Cristo in persona è presente sui nostri altari, e quanto il loro poco rispetto lo offenda, e la loro empietà lo disprezzi!...

O mio Dio! dei cristiani, che non avessero già perso la fede, potrebbero mai comparire nei tuoi templi, senza tremare e senza piangere amaramente i loro peccati?
Come ti schiaffeggiano sul Volto, con la loro eccessiva cura per abbellire la loro faccia!
Come ti coronano di spine con il loro orgoglio!
Come ti fanno sentire i duri colpi della flagellazione, con le azioni impure con cui profanano il loro corpi e le loro anime!
Come, ahimè! ti mettono a morte con i loro sacrilegi!
Come ti tengono inchiodato sulla croce, rimanendo nel peccato!...
O mio Dio! quanti Giudei trovi in mezzo ai cristiani!...

Non possiamo pensare, senza fremere, a ciò che accade ai piedi della croce: era lì che il Padre eterno attendeva il suo Figlio adorabile, per scaricare su di Lui tutti i colpi della sua Giustizia.
Possiamo dire allo stesso modo, che è ai piedi dell’altare che Gesù Cristo riceve gli oltraggi più sanguinosi!
Ahimè! quanto disprezzo della sua santa Presenza!
Quante confessioni fatte male! Quante messe ascoltate male! Quante comunioni sacrileghe!

Ah! fratelli miei, non potrei dirvi, insieme a san Bernardo: «Cosa ne pensate voi del vostro Dio? quale idea ne avete? Disgraziati! se voi ne aveste l’idea che dovreste averne, verreste mai ai suoi piedi per insultarlo?».

E’ infatti insultare Gesù Cristo, venire nelle nostre chiese, di fronte ai nostri altari, con uno spirito distratto e tutto pieno degli affari del mondo.
E’ insultare la Maestà di Dio, stare alla sua Presenza con minore modestia che nei palazzi del gran mondo (ai nostri giorni si dovrebbe dire “che sulla spiaggia...”n.d.a.).

Lo oltraggiano queste mogli e queste figlie mondane, che sembrano venire ai piedi dell’altare per nient’altro che per esibire la loro vanità, per attirare gli sguardi, e rubare quella gloria e quell’adorazione che sono dovute a Dio solo!

Dio è paziente, fratelli miei, ma verrà il suo momento!...
Aspettate che arrivi l’eternità!...

Se in altri tempi Dio si lamentava che il suo popolo gli era infedele e profanava il suo santo Nome, quanto più si dovrebbe lamentare ora, quando noi, non contenti di oltraggiare il suo santo Nome con delle ingiurie da far fremere l’inferno, profaniamo il Corpo adorabile del suo Figlio, e il suo Prezioso Sangue!...
O mio Dio! a che cosa ti hanno ridotto!...
Prima hai avuto soltanto un Calvario, mentre adesso ne hai tanti quanti sono questi cattivi cristiani!...

Cosa concludere da tutto ciò, fratelli miei, se non che siamo tanto disgraziati a far soffrire il nostro Salvatore, che ci ha tanto amati?

No, non facciamo più morire Gesù Cristo a causa dei nostri peccati, lasciamolo vivere in noi; e viviamo noi stessi della sua Grazia.
Così avremo la sorte di tutti coloro che hanno evitato il peccato e compiuto il bene, nell’unica intenzione di piacergli.
E’ quello che vi auguro.