La morte del peccatore


4ª Domenica di Quaresima
La morte del peccatore
«Mi cercherete ma morirete nel vostro peccato»
(Giovanni 8,21).

Terribile minaccia, fratelli miei, e tanto più terribile perchè sarà seguita dal suo effetto.

E’ ai Giudei, fratelli miei, che Gesù Cristo parla, a quel popolo a Lui caro, colmato di tante grazie.

«Ah! popolo ingrato, che cosa non ho fatto per te? Ma giorno verrà che voi mi cercherete, ma non mi troverete, e io fuggirò da voi, e voi morirete nel vostro peccato, così come siete vissuti».

Triste ma giusta punizione.
E che! un cristiano colmato di tante grazie durante la sua vita, un cristiano che si irrigidisce contro i rimorsi della sua coscienza, per continuare a peccare! un cristiano, che è ben persuaso che ogni peccato che commette gli merita l’inferno! un cristiano che sa molto bene che, se vuole ritornare a Dio, Dio stesso gli fornisce tutti i mezzi!

Un cristiano, dico, che ha tutto a sua disposizione: i ministri del Signore che lo pressano, che lo scongiurano di non rimanere in quello stato, che pregano per lui, che gli offrono tutti i rimedi necessari e molto efficaci per guarire le piaghe che il peccato ha inferto alla sua povera anima, e che, malgrado tutto ciò, persevera, marcisce nel suo peccato, e si getta ad ogni istante verso nuovi crimini!

Un cristiano che si prende gioco, che arriva perfino a disprezzare i ministri caritatevoli che vorrebbero aiutarlo ad tirare fuori la sua anima, dal peccato e dall’inferno!

Ah! non è forse giusto che questo peccatore perisca nel suo peccato, e che il buon Dio l’abbandoni?

Lui, che lo ha atteso per tanto tempo, con tanta bontà e pazienza, presentandogli ad ogni istante i meriti della sua Passione?

Sì, è giusto che questo disgraziato perisca nel suo peccato, e, quando poi vorrà ritornare a Dio, è giusto che Gesù Cristo, che egli ha tanto disprezzato, lo fugga e lo abbandoni alla sua disperazione e alla potenza del demonio.

«Vai via, sciagurato! gli dice il profeta Amos, vai via! disgraziato, tu perirai nel tuo peccato, poichè non vuoi uscirne, quando il Signore ti chiama...».

Oh! com’è terribile la morte del peccatore! E, tuttavia, quanto è grande il loro numero!
Per farvelo temere ed evitare, io vi mostrerò come gli ultimi istanti di un peccatore che non abbia voluto convertirsi, siano disperati, sia per il ricordo dei suoi peccati, sia per quello delle grazie che egli ha disprezzato, sia per i tormenti che gli sono preparati per l’eternità!

Se mi chiedete che cosa si intenda, in genere, per una cattiva morte, vi risponderò così: quando una persona muore nel fiore dell’età, essendo sposato, godendo di una buona salute, avendo beni in abbondanza, e lasci dei figli e una moglie, desolati; non vi è dubbio che una tale morte sia molto crudele.

Il re Ezechia diceva: «E che, mio Dio! è necessario che io muoia nel mezzo dei miei anni, nel fiore della mia età?».
E il re profeta domandava a Dio di non farlo morire nel mezzo dei suoi anni.

Altri dicono che una cattiva morte sia morire per mano dei carnefici, su un patibolo.

Altri ancora, che morire per una morte repentina, sia una cattiva morte, come, ad esempio, essere colpiti da un fulmine, annegare in acqua, precipitare dal tetto di una casa, e restarne morti.

Infine, altri dicono che sia morire per una malattia fastidiosa, come morire di peste o di altre malattie contagiose.

Ebbene! fratelli miei, io vi dirò che tutte queste morti non sono affatto cattive: posto che una persona sia vissuta bene, anche se muore nel fiore dell’età, la sua morte non cesserà di essere preziosa agli occhi del Signore.
Abbiamo tanti santi, che sono morti nel fiore dell’età.

Non è neppure una cattiva morte, morire per mano dei carnefici: tutti i martiri sono morti per mano di carnefici.

Morire di morte repentina, non è neanche quella una cattiva morte, posto che si sia pronti: abbiamo tanti santi che sono morti in questo modo.

San Simone, fu ucciso da un colpo di fulmine sulla sua colonna (era un asceta che aveva scelto come penitenza di trascorrere la vita su una colonna, per questo è conosciuto come Simone lo stilita: n.d.a.).
San Francesco di Sales, morì di apoplessia.

E, infine, morire di peste non è neanche questa una morte cattiva: san Rocco, san Francesco Saverio, sono morti così.

Invece, ciò che veramente rende cattiva la morte di un peccatore, è il peccato.

Ah! questo maledetto peccato che lo lacera e lo divora in quel momento spaventoso.
Ahimè! da qualunque parte questo povero disgraziato giri lo sguardo, egli non vede altro che peccato, non vede altro che tante grazie disprezzate.
E ahimè! se leva gli occhi al cielo, egli non vede altro che un Dio in collera, armato di tutto il furore delle sua Giustizia, che è pronto a riversargli addosso!

Se volge lo sguardo verso il basso, ahimè! egli non vede altro che l’inferno con i suoi furori, che già spalanca la gola per inghiottirlo.

Ahimè! questo povero peccatore, che non ha voluto riconoscere la giustizia di Dio durante la sua vita; in quel momento, non soltanto la vede, ma la sente già gravare su di sè.

Durante la vita, egli ha sempre cercato di nascondere i suoi peccati, o almeno, di minimizzarli; ma in quel momento, tutto gli è posto davanti, alla luce del sole.

Ahimè! egli vede ciò che avrebbe dovuto vedere prima, ma che non ha voluto vedere; vorrebbe piangere i suoi peccati, ma non è più il momento.
Egli ha disprezzato il buon Dio durante la sua vita, e a sua volta, Dio lo disprezza e lo abbandona alla sua disperazione.

Ascoltate, peccatori induriti, che vi rotolate con tanto piacere nel fango delle vostre lordure, senza nemmeno avere il pensiero di uscirne; forse quel pensiero vi verrà quando il buon Dio vi avrà abbandonato, com’è successo a tanti altri, meno colpevoli di voi.

«Sì, ci dice lo Spirito Santo, i peccatori, nei loro ultimi momenti, digrigneranno i denti, saranno colti da un terrore spaventoso, al solo pensiero dei loro crimini, le loro iniquità si solleveranno contro di essi e li accuseranno» (citazione a senso e cumulativa, di varie pericopi bibliche; n.d.a.).

Ahimè! grideranno, in quel momento sciagurato, ahimè! a cosa ci è servito quest’orgoglio, questa vana ostentazione, e tutti quei piaceri che abbiamo gustato nel peccato?
Tutto è ormai passato, e noi non abbiamo al nostro seguito nessuna traccia di virtù, ma siamo stati abbindolati dalla nostra malizia.

E’ precisamente ciò che accadde allo sciagurato Antioco, che, essendo caduto dal suo carro, si fracassò tutto il corpo.
Egli sentì un dolore così grande alle viscere, che gli sembrava che gliele si strappasse; i vermi lo rosicchiavano ancora vivo, e il suo corpo era puzzolente come una carogna.

Allora cominciò ad aprire gli occhi: è ciò che fanno i peccatori, ma quando è ormai troppo tardi.

«Ah! gridava, riconosco che è il male che ho arrecato a Gerusalemme, quello che mi tormenta e mi rode il cuore».
Il suo corpo era divorato da atroci dolori, e il suo spirito da una tristezza inconcepibile.
Fece venire i suoi amici, credendo di trovare in loro qualche consolazione, ma niente: abbandonato da Dio che è l’unica consolazione, egli non poteva averne altre.

«Ahimè! amici miei, diceva loro, sono caduto in una terribile afflizione, il sonno mi ha abbandonato, non riesco a riposare neppure un istante; il mio cuore è trafitto dal dolore.
Ahimè! in quale stato di tristezza e di angoscia mi sono ridotto; bisogna dunque che io muoia di tristezza, e per giunta, in un paese straniero!
Ah! Signore, perdonami! Riparerò tutto il male che ho fatto; restituirò tutto quello che ho rubato nel tempio di Gerusalemme; farò molti donativi a quel tempio; diventerò giudeo, osserverò la legge di Mosè, andrò dappertutto ad annunciare l’Onnipotenza di Dio.
Ah! Signore, per favore, fammi misericordia!».

Ma la sua malattia aumenta, e il buon Dio, che egli ha tanto disprezzato durante la sua vita, non ha più orecchie per ascoltarlo: dovrà morire, e morire nel suo peccato.
Era un orgoglioso, un bestemmiatore, e, malgrado le sue insistenti preghiere, non venne ascoltato, e gli toccò di piombare nell’inferno!

E’ la triste ma giusta punizione dei peccatori i quali, dopo aver disprezzato tutte le grazie che il buon Dio ha accordato loro, durante la loro vita, non trovano più grazia, quando sarebbero disposti ad approfittarne.

Ahimè! com’è grande il numero di coloro che muoiono in questo modo, agli occhi di Dio!
Ahimè! quanti ce n’è di questi ciechi, nel mondo, i quali aprono gli occhi solo nel momento in cui non vi è ormai alcun rimedio per i loro mali!

Sì, fratelli miei, sì, vita di peccati e morte da dannati!

Siete nel peccato e non volete uscirne?
«Sì, mi direte voi».
Ebbene! amico mio, nel peccato perirai: puoi vederlo nella morte di Voltaire, questo famoso empio.

Ascoltate bene, e vedrete che, se si disprezza sempre il buon Dio, e se il buon Dio ci ha atteso durante la nostra vita, spesso, per un giusto giudizio, Egli ci abbandona al momento della morte, allorchè vorremmo ritornare a Lui.

Vivere nel peccato, pensando che un giorno ne usciremo, è una trappola del demonio, che vi farà perdere, come tanti altri che egli ne ha perduti.

Voltaire, vedendosi malato,cominciò a riflettere sullo stato di un peccatore che muoia con la coscienza carica di peccati.

Egli volle rientrare in se stesso e vedere se il buon Dio avrebbe voluto perdonargli tutti i peccati della sua vita, che erano un gran numero. Contava sulla Misericordia di Dio che è infinita, e tra questi pensieri, fa venire uno di quei preti che aveva tanto oltraggiati e calunniati nei suoi scritti.

Nella sua immaginazione, già si vede in ginocchio e gli fa la confessione delle sue colpe, e depone nelle sue mani la ritrattazione delle sue empietà e dei suoi scandali.
Egli si illudeva di portare a termine la grande opera della sua riconciliazione; ma si sbagliava grandemente; il buon Dio lo aveva abbandonato, e vedrete come.

La morte previene gli ultimi soccorsi. Ahimè! questo povero empio sente rinascere in sè tutti i suoi timori.
Egli si mette a gridare: «Ahimè! sono stato dunque abbandonato da Dio e dagli uomini?».
Sì, disgraziato, lo sei. Ormai la tua sorte e la tua speranza è soltanto l’inferno.
Ascoltate quest’empio, grida con quella sua bocca insozzata di tanti sacrilegi, di tante bestemmie contro Dio, la sua religione e i suoi ministri: «Ah! gridava, Gesù Cristo, Figlio di Dio, che sei morto per tutti i peccatori, senza distinzione, abbi pietà di me!».

Ma, ahimè! quasi un secolo di empietà ha stancato la pazienza di Dio, che ormai lo ha riprovato; ormai non è altro che una vittima che la collera di Dio ingrassa per le fiamme eterne (immagine molto cruda, ma è tratta dalla Bibbia: Lettera di Giacomo 5,5!; n.d.a.).

I preti, che egli aveva tanto disprezzati, ma che in quel momento desiderava tanto, non ci sono più per lui.
Eccolo, che entra nelle convulsioni e negli orrori della disperazione; con gli occhi sbarrati, livido e tremante di spavento, egli si agita, si tormenta, sembra volersi vendicare delle antiche bestemmie di cui la sua bocca si era così spesso insozzata.

I suoi compagni d’empietà, temendo che gli venissero portati i sacramenti, cosa che avrebbe sembrato disonorarli, lo trasportano in una casa di campagna e là, abbandonato alla sua disperazione... (l’omelia si interrompe qui, manca la parte finale, ma si chiude comunque con un finale improvvisato, inquietante e suggestivo...; verrebbe da dire, senza ipocrisia, “pace all’anima di Voltaire” che non sapeva quello che diceva.; n.d.a.).