La preghiera del peccatore che non vuole rinunciare al peccato

3ª Domenica dopo l’Epifania
(Prima omelia)
La preghiera di un peccatore che non vuole rinunciare al peccato
«Essendo Gesù disceso dal momte, molta folla lo seguì. Ed ecco un lebbroso, venuto lo adorava»
(Matteo 8, 1-2).

Leggendo queste parole, fratelli miei, io mi rappresento il giorno di una grande festa, quando si accorre in gran folla nelle nostre chiese, dietro Gesù Cristo, che non è disceso da una montagna, ma sui nostri altari, dove la fede lo rivela come un re in mezzo al suo popolo, come un padre, circondato dai suoi figli, e infine, come un medico, circondato dai suoi malati.

Gli uni adorano questo Dio, la cui immensità non possono contenere nè i cieli nè la terra, con una coscienza pura, come un Dio che regna nei loro cuori; è soltanto l’amore che li conduce qui, per offrirgli un sacrificio di lode e di azioni di grazie; essi sono certi di non poter ripartire dalla presenza di questo Dio caritatevole, senza essere stati colmati di ogni sorta di benedizioni.

Gli altri compaiono davanti a questo Dio così puro e così santo, con un’anima tutta ricoperta di peccati; ma essi sono rientrati in se stessi, hanno aperto gli occhi sul loro stato disgraziato, hanno concepito il più vivo orrore della loro passata sregolatezza, e, ben risoluti a cambiare vita, vengono a Gesù Cristo pieni di fiducia, si gettano ai piedi del migliore di tutti i padri, offrendogli il sacrificio di un cuore contrito e umiliato.

Prima che essi escano di là, il Cielo sarà loro aperto, e l’inferno chiuso.

Ma, dopo queste due specie di adoratori, arriva una terza: cioè quei cristiani tutti ricoperti della sporcizia dei loro peccati e addormentati nel male, che non pensano affatto di doverne uscire, ma che, tuttavia, fanno come gli altri, vengono ad adorarlo e a pregarlo, almeno in apparenza.

Io non vi voglio parlare di quelli che vengono con un’anima pura e gradita al loro Dio; a questi ho da dire una sola cosa, cioè di perseverare.

Ai secondi, dirò solo di raddoppiare le loro preghiere, le loro lacrime e le loro penitenze, pensando che, secondo la promessa di Dio stesso, qualunque peccatore, che venga a Lui col cuore contrito e umiliato, può essere certo di ricevere il suo perdono.
Essi sono sicuri, dice Gesù Cristo, di aver riguadagnato l’amicizia del loro Dio, e il diritto al Cielo, che la loro qualità di figli di Dio ha conferito loro.

Oggi io voglio parlarvi, invece, soltanto di quei peccatori che sembrano vivere, ma che sono già morti.
Strana condotta, fratelli miei, sulla quale non oserei esprimere le mie considerazioni, se lo Spirito Santo non avesse già detto, fin dall’inizio del mondo, e con termini ben appropriati, che la preghiera di un peccatore che non voglia uscire dal suo peccato, e che non faccia tutto ciò che dovrebbe fare per uscirne, è abominevole agli occhi del Signore (Proverbi 28,9).

Aggiungiamo anche a questo indurimento, il disprezzo di tutte le grazie che il Cielo gli offre.

Il mio progetto, quindi, è di mostrarvi che la preghiera di un peccatore che non vuole uscire dal peccato, non è altro che un’azione ridicola, piena di contraddizioni e di menzogna, se la consideriamo sia in rapporto alle disposizioni del peccatore che la fa, sia ancora se la consideriamo in rapporto a Gesù Cristo, al quale è diretta.

Per parlare più chiaramente, diciamo che la preghiera di un peccatore che vuole rimanere nel peccato, non è altro che l’azione più ingiuriosa e più empia.
Ascoltatemi un istante, e ne sarete, disgraziatamente, fin troppo convinti (gli “istanti” del santo curato, come ormai sappiamo bene, duravano all’incirca due o tre ore...; n.d.a.).

Il mio progetto, fratelli miei, non è quello di parlarvi a lungo delle qualità che deve avere una preghiera per essere gradita a Dio, e vantaggiosa per chi la fa; vi parlerò poco della sua potenza; vi dirò solo di sfuggita che essa è un dolce intrattenimento dell’anima col suo Dio, che ce lo fa riconoscere come il nostro Creatore, il nostro Bene sommo e il nostro fine ultimo.

La preghiera è uno scambio tra il Cielo e la terra: noi inviamo le nostre preghiere e le nostre buone opere verso il Cielo, e il Cielo ci invia le grazie che ci sono necessarie per santificarci.

Vi dirò anche che è la preghiera che eleva la nostra anima e il nostro cuore fino al Cielo, e che ci fa disprezzare il mondo con tutti i suoi piaceri.

E’ ancora la preghiera che fa discendere Dio fino a noi.
Per meglio dire, la preghiera ben fatta penetra e attraversa la volta celeste, e sale fino al trono di Gesù Cristo stesso, disarma la giustizia di suo Padre, suscita e muove la sua Misericordia, apre i tesori delle grazie del Signore, le rapisce e le strappa, oserei dire, e ritorna carica di ogni sorta di benedizioni verso colui da cui è partita.

Se mi fosse necessario dimostrare tutto ciò, non dovrei fare altro che aprire i libri dell’Antico e del nuovo Testamento.
Vi troveremmo che mai Dio ha potuto rifiutare ciò che gli veniva chiesto per mezzo della preghiera fatta come si deve.

Vi vedo trentamila uomini sui quali Dio ha deciso di scaricare il peso della sua giusta collera, per distruggerli in punizione dei loro crimini.
Mosè, da solo, va a domandargli la grazia per loro, e si prostra davanti al Signore.
La sua preghiera è appena cominciata, che il Signore, che aveva deciso la loro distruzione, muta la sua sentenza, ridona loro la sua amicizia, promettendo loro la sua protezione e ogni genere di benedizioni, e tutto questo, per la preghiera di un solo uomo (Esodo 32).

Vi vedo anche un Giosuè il quale, osservando che il sole calava troppo rapidamente, e temendo di non avere il tempo di vendicarsi dei suoi nemici, si prostra con la faccia a terra, e pregando il Signore, comanda al sole di fermarsi, e, per un miracolo che non era mai accaduto e che forse non accadrà mai più, il sole, dico, sospende la sua corsa per proteggere Giosuè e per dargli il tempo di inseguire e distruggere i suoi nemici (Giosuè 10).

Più in là, vedo ancora Giona, che il Signore invia alla grande città di Ninive, questa città così peccatrice, tanto che il Signore, che è la Giustizia e la Bontà in persona, aveva deciso di punirla e di distruggerla.

Giona, percorrendo questa grande città, le annuncia, da parte di Dio stesso, che restano solo quaranta giorni prima della sua distruzione.

A questa notizia triste e desolante, tutti si gettano con la faccia a terra, tutti fanno ricorso alla preghiera.
Subito il Signore revoca la sua sentenza e volge verso di loro il suo sguardo di bontà.
Ben lungi dal punirli, Egli li ama e li ricolma di ogni sorta di benefici (Giona 1-4).

Se mi volgo da un’altra parte, vedo il profeta Elia il quale, per punire i peccati del suo popolo, prega Dio di non concedergli la pioggia.
Per due anni e mezzo di seguito, il cielo gli obbedisce, e la pioggia non cadde se non quando lo stesso profeta la domandò a Dio, per mezzo della preghiera (1 Re 17,1. 18,44).

Se passiamo dall’Antico al Nuovo Testamento, vi troviamo che la preghiera, ben lungi dal perdere la sua forza, diviene ancora più potente, sotto la legge della Grazia.

Guardate la Maddalena: dal momento in cui prega, gettandosi ai piedi del Salvatore, i suoi peccati le vengono perdonati e sette demoni escono dal suo corpo.

Guardate san Pietro: dopo aver rinnegato il suo Dio, egli fa ricorso alla preghiera; subito il Salvatore getta su di lui il suo sguardo, e lo perdona.

Guardate ancora il buon ladrone.

Se Giuda, il traditore Giuda, invece di disperarsi avesse piuttosto pregato Dio di perdonargli il suo peccato, il Signore gli avrebbe rimesso la colpa.

Sì, fratelli miei, il potere della preghiera ben fatta è così grande che, quand’anche tutto l’inferno, tutte le creature del cielo e della terra, esigessero vendetta, e anche se Dio stesso si armasse di tutti i suoi fulmini, per distruggere il peccatore, se questo peccatore si gettasse ai suoi piedi, pregandolo di usargli misericordia, con il dispiacere per averlo offeso e con il desiderio di amarlo, egli potrebbe essere certo di ottenere il perdono.

Lo si deduce dalla promessa che ci ha fatto Lui stesso, assicurandoci di accordarci tutto ciò che domanderemo a suo Padre, nel suo Nome.
Mio Dio! com’è dolce e consolante per un cristiano, essere certo di ottenere tutto quello che chiederà a Dio, per mezzo della preghiera.

«Ma, voi forse mi direte, come dev’essere fatta questa preghiera, perchè abbia questo potere presso Dio?».
«Amico mio, senza troppi giri di parole, ecco: la nostra preghiera, per avere questa potenza, deve essere animata da una fede viva, da una speranza ferma e costante, che ci porta a credere che, per mezzo dei meriti di Gesù Cristo, noi possiamo essere sicuri di ottenere ciò che stiamo chiedendo, aggiungendo anche, beninteso, una ardente carità».

Affermo, in primo luogo, che dobbiamo avere una fede viva.
«E perchè?», mi direte voi?
«Te lo dico subito, amico mio: è perchè la fede è il fondamento e la base di tutte le nostre buone opere, e, senza questa fede, tutte le nostre azioni, sebbene siano buone in se stesse, sono solo opere senza merito».

Noi dobbiamo essere anche così fortemente penetrati dalla Presenza di Dio, davanti al quale abbiamo la fortuna di trovarci, di come accade a un malato, che una violenta febbre abbia fatto cadere nel delirio, e che sembri sragionare: il suo spirito, una volta fissatosi su qualche oggetto, sebbene non si tratti di niente di visibile, è talmente persuaso di vedere e di toccare, che, sebbene ci si sforzi di dirgli il contrario, egli non vuole crederci ( la fede “delirante” di cui parla qui il curato, non ha nulla di patologico, ma risana l’infermità di chi basa la sua esistenza solo sulle senzazioni materiali, o sul giudizio solo razionale, del tutto inadeguati a percepire la realtà delle cose di Dio: 1 Corinzi 2,14!; n.d.a.).

Sì, fratelli miei, fu proprio questa fede violenta, oserei dire, che animò santa Maddalena nel cercare il Signore, che non aveva trovato nel sepolcro.
Ella era così penetrata dall’oggetto che stava cercando, che Gesù Cristo, per metterla alla prova, o piuttosto, non potendo più nascondersi al suo amore, che lo aveva affascinato, le apparve sotto le sembianze di un giardiniere, e le chiese perchè piangesse e chi cercasse.
Senza rispondergli che cercava il Salvatore, ella gridò:
«Ah! se lo hai preso tu, dimmi dove lo hai posto, perchè io vada a prenderlo» (Giovanni 20,15).

La sua fede era così viva, così ardente, oserei dire, che anche se Egli si fosse trovato nel seno di suo Padre, ella lo avrebbe costretto a tornare sulla terra.

Sì, fratelli miei, ecco la fede da cui un cristiano deve essere animato, allorchè ha la fortuna di trovarsi alla Presenza di Dio, affinchè Dio non gli possa rifiutare nulla (il santo parlava per esperienza personale, avendo sperimentato varie volte l’intervento miracoloso di Dio, nella sua vita; n.d.a.).

In secondo luogo, io dico che alla fede bisogna aggiungere la speranza, cioè una speranza ferma e costante che Dio può e vuole accordarci ciò che gli domandiamo.

Ne volete un modello? Eccolo: guardate la cananea.
La sua preghiera era animata da una fede così viva, da una speranza così ferma che il buon Dio avrebbe potuto accordarle ciò che domandava, che ella non cessava di pregare, di pressare, e, oserei dire, di fare violenza a Gesù Cristo.
Si ha un bel da fare a rifiutarla, perfino da parte dello stesso Gesù Cristo; non sapendo più come regolarsi, ella si getta ai suoi piedi, rivolgendogli questa preghiera:
«Signore, aiutami!»; queste parole, pronunciate con tanta fede, incatenano la volontà di Dio stesso (non si può non notare lo stile particolare del curato, in questa omelia, soprattutto riguardo al “vocabolario” audace o “estremo” di cui, insolitamente, fa uso; n.d.a.).

Il Salvatore tutto meravigliato le gridò:
«Donna, quanto è grande la tua fede! Vai, tutto ciò che hai chiesto ti è stato accordato» (Matteo 15,22; sgg.).

Sì, fratelli miei, questa fede e questa speranza, ci fanno trionfare di tutti gli ostacoli che si oppongono alla nostra salvezza.

Guardate la madre di san Sinforiano: suo figlio si avviava verso il martirio:
«Ah! figlio mio, coraggio! ancora un momento di pazienza, e il Cielo sarà la tua ricompensa!».

Ditemi, fratelli miei, chi sosteneva tutti quei santi martiri, in mezzo ai loro tormenti?
Non era forse questa felice speranza?
Vedete la calma di cui gioisce san Lorenzo, sulla sua griglia ardente.
Chi poteva essere a sostenerlo?
«Era la grazia», mi direte voi.
«Questo è vero, ma questa grazia, non era forse la speranza di una ricompensa eterna?».

Guardate ancora san Vincenzo, al quale vengono estratte le viscere, con degli uncini di ferro; chi gli diede la forza di soffrire dei tormenti così straordinari e così orribili?
Non fu forse questa felice speranza?

Ebbene! fratelli miei; chi deve indurre un cristiano, che si mette alla Presenza di Dio, a rigettare tutte quelle distrazioni che il demonio si sforza di insinuargli durante le sue preghiere, e a vincere qualunque rispetto umano?
Non deve essere forse il pensiero che Dio lo vede, e che, se la sua preghiera è ben fatta, sarà ricompensato con una felicità eterna?

In terzo luogo, ho affermato che la preghiera di un cristiano, deve avere la carità, e cioè che egli deve amare il buon Dio con tutto il suo cuore, e deve odiare il peccato, con tutte le sue forze.

«E perchè?» mi direte voi.
«Te lo dico subito, amico mio. E’ perchè un cristiano peccatore, che prega, deve sempre nutrire il dispiacere dei suoi peccati e il desiderio di amare Dio, sempre di più».
Sant’Agostino, ce ne dà un esempio molto convincente. Nel momento in cui andava a pregare nel giardino, egli si crede realmente alla Presenza di Dio; egli spera che, sebbene sia un grande peccatore, Dio avrà pietà di lui; egli biasima la sua vita passata, promette al buon Dio di cambiare vita, e di fare, con l’aiuto della grazia, tutto ciò che potrà, per amarlo.
Infatti, come si potrebbe amare Dio e il peccato?
No, fratelli miei, questo non accadrà mai.
Un cristiano che ama veramente il buon Dio, ama anche ciò che Dio ama, e odia ciò che Dio odia; da questo si conclude che la preghiera di un peccatore che non voglia lasciare il peccato, non possiede nessuna caratteristica di quelle che finora abbiamo elencato (dopo la lunga premessa sulla preghiera in generale, ora il santo curato entra nell’argomento specifico di questa omelia; n.d.a.).

Adesso, vedrete insieme a me, che considerando la preghiera del peccatore, in rapporto alle sue disposizioni, essa non è altro che un’azione ridicola, piena di contraddizione e di menzogna.

Seguiamolo un istante, questo cristiano peccatore mentre prega: ho detto “per un istante”, perchè, ordinariamente, le sue preghiere non sono ancora cominciate, che già sono terminate.

Ascoltiamolo, questo povero cieco e questo povero sordo: lo chiamo “cieco”, riguardo ai beni che si perde e ai mali che si acquista, e “sordo”, alla voce della sua coscienza che urla, e alla voce di Dio che lo chiama con forti grida.

Entriamo nell’argomento: io sono certo che voi desiderate sapere in cosa consista la preghiera di un peccatore che non vuole abbandonare il peccato, nè si mostra confuso per aver offeso Dio.
Ascoltatelo: la prima parola che dice, iniziando la sua preghiera, è una menzogna, egli entra in contraddizione con se stesso:
«Nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo».
Amico mio, fermati un istante.
Tu dici che stai iniziando la tua preghiera nel nome delle tre Persone della santa Trinità.
Ma, hai forse dimenticato che, appena otto giorni fa, ti trovavi con una compagnia, nella quale ti dicevano che, quando si muore, tutto è finito, e, se così fosse, non esisterebbe nè Dio, nè inferno, nè Paradiso?
Se, amico mio, nel tuo indurimento, tu lo credi veramente, allora non sei venuto per pregare, ma soltanto per svagarti e per divertirti.

«Ah! mi direte voi, quelli che parlano così sono molto rari».
«Tuttavia, ce ne sono tra coloro che mi stanno ascoltando, e che non tralasciano di fare qualche preghiera, di tanto in tanto».

E io vi mostrerò ancora, se volete, che i tre quarti di coloro che sono qui, in chiesa, anche se non lo dicono a parole, lo dicono spesso con la loro condotta e con il loro modo di vivere.
Perchè, se un cristiano pensasse veramente a quello che dice, pronunciando i nomi delle tre Persone della santa Trinità, non sarebbe forse pervaso di orrore, fino alla disperazione, considerando in se stesso l’immagine del Padre, che ha sfigurato in una maniera così orribile, l’immagine del Figlio, che dimora nella sua anima, e che egli ha trascinato e rotolato nel fango del vizio, e l’immagine dello Spirito Santo, del quale il suo cuore è il tempio e il tabernacolo, e che egli ha riempito di lordure e di sudiciume?

Sì, fratelli miei, solo riguardo a queste tre parole, se quel peccatore avesse piena conoscenza di ciò che dice e di ciò che è, potrebbe mai pronunciarle, senza morire di orrore verso se stesso?

Ascoltate ancora questo mentitore:
«Mio Dio, credo fermamente che Tu sei qui presente».
Che dici mai, amico mio! Tu credi di essere alla Presenza di Dio, davanti al quale gli angeli, che sono senza macchia, tremano, e non osano sollevare gli occhi, davanti al quale si coprono con le loro ali, non potendo sostenere il bagliore della sua Maestà, che i cieli e la terra non possono contenere!
E tu, tutto coperto di crimini, tu sei qui, con un ginocchio per terra e l’altro per aria.
E tu osi aprire la bocca per farne uscire una tale abominazione!
Di’ piuttosto che fai come le scimmie, che fai ciò che vedi fare agli altri, o piuttosto che, mentre sembra che tu preghi, in realtà ti stai solo concedendo un momento di svago!

Un cristiano che si mette alla Presenza del suo Dio, che sente profondamente ciò che dice allo stesso autore della sua esistenza, non è forse colto da terrore, vedendo, da un lato, la sua indegnità nel comparire davanti a un Dio così grande e così temibile, e dall’altro, la sua ingratitudine?
Non dovrebbe sembrargli, ad ogni istante, che la terra stia per aprirsi ai suoi piedi, per inghiottirlo?
Non si considera sempre come tra la vita e la morte?
Il suo cuore, non è divorato dal rammarico, e pieno di riconoscenza? Io dico di rammarico, pensando a quanto egli sia stato disgraziato per aver offeso un Dio tanto buono, e di riconoscenza, pensando quanto sia necessario che Dio sia paziente e caritatevole per sopportarlo alla sua santa Presenza, malgrado la sua ingratitudine e tutte le azioni di cui si è reso colpevole in ogni momento.

Ma, voi che pregate, ma non volete abbandonare il peccato, almeno non ancora, ditemi: quale differenza voi fate tra la chiesa e una sala da ballo, se posso osare questo orrendo paragone, dal momento che l’una è la dimora di Dio, l’altra, quella del demonio?

Se non lo sapete, velo dico io, ecco.
Andando al ballo, di cosa vi occupate?
Senza dubbio, delle persone che sperate di trovarvi.
La vostra prima preoccupazione, entrandovi, è quella di passeggiare con lo sguardo, per vedere se riuscite a vederle, oppure quella di vedere com’è costruita la sala, la tappezzeria che la decora, o anche quella di salutare le persone che conoscete, per sedervi subito e chiacchierare.
Non vado oltre: non voglio parlare di tutti quei cattivi pensieri, quei cattivi desideri, quegli sguardi cattivi; lasciamo da parte tutte queste cose.

Ma dimmi francamente, amico mio, tu che dovresti essere senza sosta nella disperazione, conoscendo lo stato orribile in cui ti trovi, poichè sei stracarico di peccati, la condotta che tu tieni venendo nella casa del Signore, non è forse la stessa di quando entri in una sala da ballo?

Ho detto che quando una persona dedita ai piaceri va in una sala da ballo o ad una danza, ella si occupa di cose frivole, o dei suoi piaceri, e per nulla del buon Dio.
Ma, quando tu vieni in chiesa, pensi forse alla Presenza di chi ti trovi, e con chi dovresti parlare?

Converrai con me che la tua condotta è precisamente quella (di quando entri in una sala da ballo; n.d.a.).
Voglio dire che quelli, entrando, per prima cosa si preoccupano di osservare come la sala è ornata: ebbene! non è esattamente ciò che fai quando entri nella casa del Signore?
Guardi dall’alto in basso, da un angolo all’altro della chiesa.

Ho detto anche che un’altra delle loro principali preoccupazioni è quella di esaminare le persone che conoscono, e di salutarle: e non è quello che tu fai, vedendo una persona o un amico che non vedevi da qualche giorno?
Non hai alcun problema a parlare con lui, a salutarlo in quel luogo santo, ad augurargli il buongiorno, alla Presenza del buon Dio che è presente in corpo e anima sull’altare, che ti ama, che ti ha chiamato alla sua Presenza per perdonarti e per ricolmarti di benefici, tra i più grandi.

Un’altra occupazione di questa razza di gente, è quella di esaminare il modo in cui le persone si sono abbigliate, e la loro bellezza; e da lì nascono gli sguardi cattivi, i cattivi pensieri, i cattivi desideri.

Ebbene! amico mio, vuoi forse dire che questo non ti succede? Che non ti succede perfino durante la santa Messa?
Mentre un Dio si immola alla giustizia di suo Padre, per espiare i tuoi peccati, tu passeggi con lo sguardo per vedere come si è conciata una tale o un tale, e ammirare la sua bellezza.
E questo, non è forse la causa per cui nasce nel tuo spirito un numero quasi infinito di pensieri, che non dovresti avere, e di cattivi desideri?

Apri dunque gli occhi, amico mio, e vedrai che tutto quello che dici a Dio nella preghiera, non è altro che menzogna e inganno.

Ma procediamo oltre.
«Mio Dio, voi dite, io ti adoro e ti amo con tutto il cuore».

Ti stai sbagliando, amico mio, non devi dire che ami il buon Dio, ma “il tuo dio”; e qual è il tuo dio?
Eccolo: è quella giovane alla quale hai donato il tuo cuore, e che lo occupa continuamente.

E per te, sorella mia, qual è il tuo dio?
Non è forse quel giovane, verso cui hai prodighi tutte le tue cure, pur di piacergli, forse perfino quando sei in chiesa, dove si dovrebbe venire per nessun altro morivo se non per piangere i propri peccati, e per chiedere a Dio la propria conversione?

Non è forse vero che, mentre pregate, gli oggetti che amate occupano il vostro spirito, e si presentano davanti a voi per farsi adorare, al posto del vostro Dio?

Non è forse vero che, a volte, è il dio della gola che si presenta davanti a voi per farsi adorare, mentre pensate a quello che mangerete, quando ritornerete a casa?

Oppure, qualche altra volta, è il dio della vanità, mentre provate piacere di voi stessi, considerandovi degni di ricevere l’adorazione degli uomini? (ovviamente si riferisce a entrambi i sessi, a scanso di facili accuse maschiliste; n.d.a.).

Volete sapere che cosa realmente dite a Dio?
Ecco: «Signore, gli dite, scendi dal tuo trono, lascia a me il tuo posto».

Mio Dio! quale orrore e quale abominazione!
E tuttavia, è proprio questo che dite ogni qualvolta desiderate piacere a qualcuno.

Un’altra volta è stato il dio dell’avarizia, della vanagloria, dell’orgoglio, o perfino dell’impudicizia, che sono venuti davanti a voi per farsi adorare e amare, al posto del vero Dio.

Volete che ve lo dimostri in una maniera ancora più chiara? Ascoltatemi.

Durante la santa Messa, o durante le vostre preghiere, vi viene un pensiero di odio o di vendetta; se voi amaste Dio, più di quegli oggetti del pensiero, voi li caccereste prontamente.
Ma, se non li scacciate, dimostrate di preferirli a Dio, e di metterli al posto di Dio stesso, per donare loro il vostro cuore.

E’ come se diceste a Dio, quando vi vengono quei pensieri:
«Mio Dio, esci dalla mia presenza, e lascia che io metta al tuo posto questo demonio, per donargli tutti gli affetti del mio cuore».

Converrete dunque con me, fratelli miei, che non è quasi mai il buon Dio, quello che voi adorate nelle vostre preghiere, ma ciascuna di queste inclinazioni malvage, ossia queste passioni, e nient’altro.

«Ma quello che dici, penserete voi, è un po’ esagerato!».
Questo è un po’ esagerato, amico mio?
Ebbene! io ti dimostrerò che è la pura verità, in tutto il suo splendore!

Dimmi, fratello mio, o tu, sorella mia, quando vi confessate, il vostro confessore non vi dice forse:
«Se abbandonate questi desideri, questi pensieri, o se smettete queste cattive abitudini, questi cabarets, io vi darò il vostro Dio, voi avrete la fortuna di riceverlo, oggi, nel vostro cuore?».
«No, padre mio, gli dite, non ancora; non mi sento ancora il coraggio di affrontare questo sacrificio, ossia di lasciare queste danze, questi giochi, queste cattive compagnie» (può sembrare eccessiva ai cristiani evoluti dei nostri giorni, l’insistenza del curato sulla sconvenienza dei balli; anche padre Pio, e tanti altri, la pensavano così: padre Pio non assolveva neppure le sue figlie spirituali che confessassero di avere solo assistito ad un ballo; in realtà è il nostro permissivismo che è eccessivo: basterebbe esaminare, senza ipocrisia, qual è “il vero motivo” di quello specifico “divertimento”?...; n.d.a).

Ma non è forse vero che preferite che il demonio regni nella vostra anima, al posto del buon Dio?

Un’altra volta, il confessore dirà a un tale che voglia vendicarsi:
«Amico mio, se non perdoni a quella persona che ti ha oltraggiato, non potrai avere la felicità di possedere il Dio dei cristiani».
«No, padre mio, gli dite, preferisco non ricevere il buon Dio».

«Amico mio, dirà ancora il confessore a un avaro, se non restituisci quel bene che non ti appartiene, non sarai degno di ricevere il tuo Dio».
«Padre mio, non ho intenzione di restituire così presto».
E così avviene per tutti gli altri peccati.
E questo è tanto vero che, se ciò che amiamo comparisse visibilmente davanti a noi, ciascuno di noi avrebbe davanti a sè l’intera gamma dei sette peccati capitali, e Dio apparterrebbe solo agli angeli.

Ma procediamo ancora oltre, e vedremo e ascolteremo questo cristiano ciarlatano e menzognero.

Esaminiamo dapprima la sua fede.
Noi diciamo che è la fede che ci scopre la grandezza della Maestà di Dio, davanti al quale abbiamo la fortuna di trovarci; è questa fede, congiunta con la speranza, che sosteneva i martiri, in mezzo ai tormenti più spaventosi.

Ora ditemi: questo peccatore, potrebbe mai pensare, potrebbe mai credere, iniziando la sua preghiera, che essa sarà ricompensata?
Ma come! una preghiera piena di tante cose, eccetto che di Dio solo! Una preghiera fatta mentre si abbiglia, o mentre lavora, col cuore tutto occupato dal suo lavoro, o forse anche dall’odio e dalla vendetta, o che so io, dai cattivi pensieri!
Una preghiera fatta gridando e insultando i vostri figli o i vostri domestici!
Se così fosse (cioè se Dio ricompensasse la preghiera di quel peccatore; n.d.a.), non si sarebbe costretti ad ammettere che Dio ricompensa il male?

In secondo luogo, ho anche affermato che il peccatore non nutre altra speranza, mentre fa la sua preghiera, se non che finisca presto: ecco a cosa si limita tutta la sua speranza.

«Ma, mi direte voi, questo peccatore, per quanto peccatore possa essere, spererà pure qualcosa!».

Ebbene! io credo, da parte mia, che un peccatore non crede nulla e non spera nulla, perchè, se credesse che c’è un Giudizio, e, di conseguenza, un Dio che gli chiederà conto di ogni minuto e di ogni mezzo minuto della sua vita, e che questa resa dei conti si farà quando meno se lo aspetta; se egli credesse che un solo peccato mortale lo farà giudicare degno di una eternità di infelicità; se egli pensasse che non vi è una sola preghiera fatta durante la vita, non un solo desiderio, non una sola azione, non un solo movimento del suo cuore, che non sia scritto nel libro di quel Giudice sovrano; se egli vedesse la sua coscienza carica di crimini, forse tra quelli più orribili, e che, forse, in se stesso, egli racchiude tanti di quei peccati che sarebbero sufficienti a far condannare al fuoco divorante, un’intera città di centomila anime, potrebbe mai rimanere in quello stato? (il santo curato si rifà, riguardo all’accuratezza analitica del Giudizio divino, a un preciso testo dell’Apocalisse, che andrebbe letto e meditato: Apocalisse 20,11-12!; n.d.a.).

No, senza dubbio.
Se egli credesse veramente che, dopo questo Giudiziom ci sarà per i peccatori un inferno eterno, di cui un solo peccato mortale potrebbe essere la causa, se morisse in questo stato; se credesse che la collera di Dio lo perseguirà per tutta l’eternità, e che tanti peccatori vi cadono a migliaia, continuamente, non prenderebbe forse altre precauzioni, che ora non prende, per evitare questa disgrazia?
(Chi restasse scosso e scandalizzato a queste affermazioni del santo, consideri che, fino a che la dottrina cattolica continuerà a proporre i dogmi dell’inferno e del Paradiso, cioè per sempre, ciò che dice il curato è perfettamente attuale, nonostante il fumo negli occhi col quale certe predicazioni, anche in alto loco, cercano di gettare i fedeli nella confusione più fuorviante; n.d.a.).

Se il peccatore credesse veramente che esiste un Cielo, ossia una felicità eterna per tutti coloro che avranno praticato fedelmente ciò che la religione comanda loro, potrebbe mai comportarsi come va facendo?
No, senza dubbio.

Se nel moimento in cui è pronto a peccare, credesse che Dio lo vede, che perderà il Cielo e che si attira ogni sorta di mali per questa vita e per l’altra, avrebbe mai il coraggio di fare quello che il demonio gli ispira?
No, amico mio, no, ciò gli sarebbe impossibile.

Da questo io concludo che un cristiano che ha peccato, e che rimane nel suo peccato, ha completamente perso la fede (si ricordi che si sta parlando dell’ostinazionenel peccato, che è quella bestemmia contro lo Spirito Santo, che Gesù dice che non verrà mai perdonata: Matteo 12,31-32!!! n.d.a).

Costui è un pover’uomo a cui i demoni hanno cavato gli occhi, che è sospeso ad un filo, sopra l’abisso più terribile; i demoni gli impediscono, come meglio possono, di vedere gli orrori che gli sono preparati.

Per meglio dire, le sue piaghe sono così profonde e il suo male così incallito, che egli non si accorge più del suo vero stato; è un prigioniero condannato a perdere la vita sul patibolo, e che si diverte, attendendo il momento dell’esecuzione; si ha un bel da fare a dirgli che la sua sentenza è già stata pronunciata, che tra un po’ egli non sarà più di questo mondo; al vederlo, per la maniera in cui si comporta, si direbbe che gli abbiano annunciato che ha appena ricevuto una fortuna.

O mio Dio! Com’è infelice lo stato di un peccatore!
(Tutte le affermazioni del santo curato sono in perfetta linea con la sana dottrina cattolica; le sue omelie, una manna dal cielo per i nostri giorni, possono servire a smascherare tanta ipocrisia e tante false illusioni, che una caterva di falsi teologi e falsi predicatori, a ogni livello della scala, stanno seminando nell’animo dei credenti, e di cui renderanno conto al buon Dio...; si legga a tale proposito: 2 Corinzi 2,15-17!; n.d.a).

Quanto poi alla speranza di un peccatore, è meglio non parlarne, perchè la speranza di un animale e la sua, sono la stessa cosa; esaminate la condotta dell’uno e dell’altro: non c’è nessuna differenza.

Una bestia fa consistere tutta la sua felicità nel bere, nel mangiare e nei piaceri della carne: allo stesso modo, non troverete nient’altro nella vita di un peccatore che è immerso nel peccato.

«Ma, mi direte voi, egli va almeno a Messa, fa anche qualche preghiera».
Ma perchè fa ciò?
Non è il desiderio di piacere a Dio e di salvare la propria anima, che lo porta a ciò, ma è solo l’abitudine e la “routine”, che ha contratto fin dalla giovinezza.

Se le domeniche arrivassero solo una volta all’anno o ogni dieci anni, essi ci verrebbero solo una volta all’anno o anche di meno; egli lo fa perchè gli altri lo fanno.

Potrete verificare dal modo come si comporta che non si tratta d’altro.
Oppure, per farvi meglio conoscere che cosa sia la speranza di un cristiano peccatore, vi dirò che non ha altra speranza se non quella di una bestia da soma, poichè siamo fermamente convinti che un animale non spera altro che ciò di cui possa godere sulla terra.

Un peccatore incallito, che non pensa ad abbandonare il piacere, nè vuole uscire fuori dal peccato, non ha altro da sperare, dal momento che dice e pensa, o almeno fa di tutto per persuadersi, che dopo la morte tutto è finito.
E’ invano, mio Dio, che sei morto per questi peccatori!
Ah! amico mio, mentre pensi di avere dello spirito, tu ti avvilisci molto in basso, poichè ti metti nel rango delle bestie e dei più vili animali.

Abbiamo detto anche che la preghiera di un buon cristiano deve essere animata dalla carità, cioè dall’amore di Dio, che lo porti ad amare Dio con tutto il suo cuore, e a odiare e detestare al massimo il peccato, come fosse il più grande di tutti i mali, con un desiderio sincero di non commetterlo più, e di combatterlo e distruggerlo ovunque lo si trovi.

Potete vedere che ciò non si trova affatto nella preghiera di un peccatore, che non è tediato per aver offeso il buon Dio, poichè lo tiene crocifisso sulla croce del suo cuore, e questo dura per tutto il tempo che vi regna il peccato.

Volete ascoltare ancora per un istante questo mentitore? Vedetelo e ascoltatelo mentre recita il suo atto di contrizione.

Se avete visto qualche volta recitare un pezzo di una commedia o di teatro, voi saprete che tutto quello che vi si svolge non è altro che menzogna e falsità.

Vi sarebbe impossibile sentirgli dire l’atto di contrizione, senza essere presi da compassione:
«Mio Dio, comincia, che vedi i miei peccati, guarda anche il dolore del mio cuore».

O mio Dio! si può mai pronunciare una tale abominazione!
Sì, senza dubbio, povero cieco, Egli vede bene i tuoi peccati, anzi li vede fin troppo bene, disgraziatamente.
Ma il tuo dolore, dov’è?
Di’ piuttosto: «Mio Dio, che vedi i miei peccati, guarda anche il dolore di quei santi solitari nelle foreste, che trascorrono le notti intere a piangere i loro peccati».
Ma quanto a te, io vedo bene che di dolore non ne hai affatto.
Ben lungi dal provare dolore per i tuoi peccati, tu fai di tutto per non averne, dal momento che resti nei tuoi peccati, senza volerli lasciare.

«Mio Dio, continua questo mentitore, provo un estremo dispiacere per averti offeso».
Ma è mai possibile pronunciare certe empietà e tali bestemmie?
Se tu ne fossi estremamente afflitto, potresti mai restare un mese, due, tre, o forse dieci o vent’anni, covando il peccato nel tuo cuore?
O ancora, se tu fossi afflitto per aver offeso Dio, sarebbe necessario che il ministro del Signore fosse continuamente occupato a dipingerti il castigo che Dio riserva al peccato, per fartene provare orrore?
Sarebbe necessario trascinarti, per così dire, ai piedi del Salvatore, per riuscire a farti abbandonare il peccato?

«Perdonami, mio Dio, dice, perchè sei infinitamente buono e infinitamente amabile e perchè il peccato ti dispiace».

Taci! amico mio! tu non sai quello che dici.
Certamente Egli è buono, perchè, se avesse ascoltato solo la sua Giustizia, già da lungo tempo tu bruceresti all’inferno.

«Mio Dio, dice, perdona i miei peccati per i meriti della morte e della passione di Gesù Cristo, tuo caro Figlio».

Ahimè! amico mio, tutte le sofferenze che Gesù Cristo ha avuto la carità di sopportare per te, non saranno capaci di commuovere il tuo cuore, che è troppo indurito.

«Dammi, dice, la grazia di attuare la risoluzione che prendo ora, di fare penitenza e di non offenderti mai».

Ma, amico mio, puoi mai ragionare in questo modo?
Dov’è dunque questa risoluzione che hai preso, di non offendere più il buon Dio, dal momento che ami il peccato e che, ben lungi dal volerne uscire, tu cerchi i luoghi e le persone che ti possono indurre in esso?
Di’ piuttosto, amico mio, che saresti molto afflitto se il buon Dio ti accordasse la grazia di non offenderlo più, visto che ti piace tanto rotolarti nella lordura dei tuoi vizi!
Io credo, amico mio, che sarebbe meglio per te tacere, piuttosto che parlare in questo modo.

Ma procediamo ancora oltre.
Leggiamo nel Vangelo, che i soldati, avendo condotto Gesù Cristo nel pretorio, ed essendosi tutti insieme riuniti attorno a Lui, lo spogliarono delle sue vesti, gli misero sulle spalle un mantello scarlatto, lo coronarono di spine, lo colpirono sulla testa con una canna, gli diedero degli schiaffi, gli sputarono sul volto e, dopo tutto ciò, piegando un ginocchio davanti a Lui, lo adorarono.

Si potrebbe mai trovare un oltraggio più orribile?
Ebbene! questo vi meraviglia?
Guardate fino in fondo la condotta di un cristiano che è nel peccato e che, nè pensa a uscirne, nè lo vuole.
Io affermo che egli, da solo, fa tutto ciò che i Giudei fecero tutti insieme, poichè san Paolo ci dice che, ad ogni peccato che commettiamo, noi mettiamo a morte il Salvatore del mondo (Ebrei 6,6); e cioè che noi facciamo tutto ciò che occorre, per farlo morire, ammesso che egli fosse capace di morire una seconda volta.

Fino a che il peccato regna nel nostro cuore, noi manteniamo Gesù Cristo inchiodato sulla croce, e, insieme a loro lo insultiamo, piegando il ginocchio davanti a Lui, facendo finta di pregare.

«Ma, mi dirai, non è questa la mia intenzione, quando faccio la mia preghiera; Dio mi guardi dal compiere questi orrori!».
Bella scusa, amico mio!
Colui che commette il peccato, non ha l’intenzione di perdere la Grazia, tuttavia non fa nulla per non perderla; forse che per questo è meno colpevole?
No, senza dubbio! Perchè egli sa bene che non può compiere una certa azione o dire una tale cosa, senza rendersi colpevole di peccato mortale.

Se ci pensi, l’intenzione di tutti i dannati che ora bruciano all’inferno, non era certo quella di dannarsi; ma forse che per questo sono meno colpevoli?
No, senza dubbio! perchè sapevano che si sarebbero dannati, vivendo come sono vissuti.

Un peccatore che prega con il peccato nel suo cuore, non ha l’intenzione di prendersi gioco di Gesù Cristo, nè di insultarlo, ma non è meno vero che di fatto egli si prende gioco di Lui, perchè sa bene che ci si prende gioco di Dio quando si dice:
«Mio Dio, io ti amo, mentre si ama il peccato, oppure: Mi confesserò al più presto».

Ascoltate quest’ultima menzogna: egli non pensa affatto a confessarsi nè a convertirsi.
Ma, dimmi, qual è la tua intenzione quando vieni in chiesa, o quando fai quella che chiami “la tua preghiera”?

«E’ quella, mi dirai forse, se hai il coraggio di dirlo, di fare un atto di religione, di rendere a Dio l’onore e la gloria che gli appartengono».

O orrore! O accecamento! O empietà! Volere onorare Dio per mezzo di menzogne, e cioè volerlo onorare con ciò che l’oltraggia!
O abominazione! avere Gesù Cristo sulla bocca, e tenerlo crocifisso nel proprio cuore!
Unire quello che vi è di più santo, con ciò che vi è di più detestabile, come è il servizio del demonio!
Oh! quale orrore! offrire a Dio un’anima che si è già fatto prostituire mille volte col demonio!
O mio Dio! com’è cieco il peccatore, e tanto più cieco perchè non conosce se stesso, e non cerca nemmeno di conoscersi!

Non avevo forse ragione, all’inizio, nel dirvi che la preghiera del peccatore, non è altro che un tessuto di menzogne e di contraddizioni?
Questo è tanto vero, che lo Spirito Santo stesso ci dice che la preghiera di un peccatore che non vuole uscire dal peccato, è una esecrazione, agli occhi del Signore (Proverbi 28,9).

«Questo stato, direte anche voi, con me, è molto spaventoso e ben degno di compassione».
Ebbene! guardate come il peccato vi acceca!
Infatti io affermo, senza timore di esagerare, che almeno la metà di quelli che sono qui presenti, che mi ascoltano in questa chiesa, appartengono a questo numero.
Ma non è forse vero che ciò non vi turba affatto, ma piuttosto vi annoia, e che il tempo vi sta pesando?

Ecco, amico mio, l’abisso sciagurato in cui il peccato conduce un peccatore.
Voi sapete che sono trascorsi sei mesi, un anno o più, che vi trovate nel peccato, ma ve ne state tranquilli!
«E sì, mi risponderete».
Questo non è difficile da credere, poichè il peccato vi ha cavato gli occhi; voi non ci vedete più.
Il peccato ha indurito il vostro cuore affinchè non sentiate più nulla, e io sono certo che tutto ciò che vi ho detto non vi porterà a fare nessuna riflessione.
O Dio! in quale abisso conduce il peccato!

«Ma, mi direte voi, allora non bisogna più pregare, dal momento che le nostre preghiere non sono altro che degli insulti che rivolgiamo a Dio?».

Ma non è questo che vi ho voluto dire, quando vi ho detto che le vostre preghiere non erano altro che menzogne.
Ma, piuttosto, invece di dire: «Mio Dio, io ti amo», dite: «Mio Dio, io non ti amo, ma fammi la grazia di amarti».
Invece di dirgli: «Mio Dio, provo un grande dispiacere per averti offeso», ditegli: «Mio Dio, io non sento alcun dispiacere dei miei peccati, donami tutto il dolore che dovrei averne».
Ben lungi dal dire: «Voglio confessarmi per i mie peccati», ditegli piuttosto: «Mio Dio, io mi sento attaccato ai mie peccati, e mi sembra che non vorrei mai abbandonarli; donami quell’orrore che dovrei sentirne, affinchè li abbia in avversione, li detesti, e li confessi, per mai più commeterli».

O mio Dio, donaci, per favore, questo orrore eterno del peccato, che è tuo nemico, perchè è lui che ti ha fatto morire, che ci deruba della tua amicizia, che ci separa da Te!

Ah! fai, divin Salvatore, che tutte le volte che verremo a pregarti, lo possiamo fare con un cuore distaccato dal peccato, un cuore che ti ama, e che, in ciò che ti dirà, non dica altro che la verità!

E’ questa la grazia, fratelli miei, che vi auguro.