Omelia sui doveri dei genitori verso i figli

Omelia sui doveri dei genitori verso i figli
Padri e madri, allevate i vostri figli educandoli e correggendoli secondo il Signore
(Efesini 6,4)

Se, in quanto cristiani, fratelli miei, siamo obbligati ad aiutarci a salvarci, poichè, essendo tutti figli di uno stesso Padre, siamo tutti destinati ad andare a regnare un giorno nel cielo; se san Paolo ci dice che i padroni «che non hanno cura dei loro domestici hanno rinunciato alla loro fede e sono diventati quasi come i pagani» (1 Timoteo 5,8), vi lascio pensare, fratelli miei, quali debbano essere le cure e le precauzioni che i padri e le madri devono avere, per salvare le anime dei loro poveri figli, che sono una parte di se stessi, che il buon Dio ha affidato loro esclusivamente come un tesoro del quale un giorno dovranno rendere un conto così temibile.
Ma, senza cercare scuse, i padri e le madri devono sapere che la loro più grande occupazione deve essere quella di lavorare per salvare le anime dei loro figli, e che non devono avere nessun’altra opera che debba passare avanti a questa; e ancor più, che la loro salvezza dipende da quella dei loro figli, come vedremo.

Padri e madri, per adempiere i vostri doveri, voi dovete dunque istruire i vostri figli, dare loro il buon esempio e correggerli.
Se farete così, andrete in cielo, conducendovi anche i vostri figli; i vostri figli saranno la vostra gloria in cielo, come saranno la vostra disperazione nell’inferno, se sarete stati così disgraziati da lasciare che si perdessero.
Non è necessario, fratelli miei, che io vi mostri l’obbligo che avete, di prendervi cura dei vostri figli, e cioè di nutrirli, di intrattenerli, poichè gli stessi pagani e gli idolatri, che non conoscono il vero Dio e sono condotti solo da un amore naturale, se ne rendono conto perefettamente.
No, non è questa la cosa che voi trascurate di più; avrei voglia piuttosto di dirvi di non prodigarvi troppo con loro, nelle faccende temporali, ma che fareste molto meglio a fare qualche buona opera in più, per attirare su di loro le benedizioni del cielo.

Per prima cosa, dico dunque che i padri devono istruire i loro figli, e cioè insegnare loro a pregare il buon Dio, e a conoscerlo; insegnare loro ciò che devono fare per guadagnare il cielo ed evitare l’inferno.
Se non sentite bene la gravità di questo dovere, ascoltate ciò che il buon Dio vi dice Lui stesso.
Leggiamo nella Sacra Scrittura che, dopo che il Signore ebbe dato i suoi comandamenti al suo popolo, aggiunse queste belle parole: «Amerete il Signore vostro Dio con tutto il vostro cuore, con tutta la vostra anima e con tutto il vostro affetto, e il prossimo come voi stessi.
Padri e madri, insegnerete tutto questo ai vostri figli e li istruirete la mattina, alzandovi e la sera, coricandovi, sia quando camminerete che quando sarete seduti, e cioè tutti i giorni della vostra vita» (Deuteronomio 6,5-7).
Padri e madri, forse che Dio poteva mostrarvi in una maniera più chiara la grandezza dei vostri doveri verso i vostri figli?

Potete voi trovare qialche pretesto, che possa esonerarvene, oppure, anche solo un po’, farveli trascurare?
Lo Spirito Santo ci dice anche: «Se avete dei figli, dovete istruirli fin dalla giovinezza», non appena possano muovere le braccia (Siracide 7,25).
Sì, fratelli miei, dal momento in cui un bambino comincia a dire qualche parola, i suoi genitori devono insegnargli a pronunciare i santi Nomi di Gesù e di Maria.
Leggiamo in san Tommaso da Villanuova, che le prime parole che uscirono dalla sua bocca furono : «Gesù, Maria», poichè aveva dei genitori molto cristiani, che gli dicevano molto spesso queste parole.
I padri e le madri devono insegnare ai loro figli a farsi il segno della croce, non appena possono.
Da quando iniziano a muovere le loro piccole braccia, bisogna dare loro l’acqua benedetta, fargli pregare il buon Dio in ginocchio, al mattino e alla sera, ispirare loro un grande rispetto per la Presenza del buon Dio, e per questo mettersi anche loro in ginocchio, a fianco ad essi, e farli voltare verso qualche immagine.
Se fate pregare loro il buon Dio mentre lavorate, essi guarderanno e penseranno a ciò che fate voi, e non a quello che fanno loro.
Dovete insegnare loro a donare il proprio cuore al buon Dio, la mattina, svegliandosi; a offrire la giornata, e tutte le loro azioni, a dire il Benedicite e il loro atto di ringraziamento, il loro Angelus.
Non dovete accontentarvi di insegnare loro il Padre Nostro, l’Ave Maria, ma dovete insegnare loro anche il Credo, il Confesso a Dio, i comandamenti di Dio, e , in più, i tre atti di fede, di speranza e di carità, poichè il buon Dio ci dice nella Sacra Scrittura: «Padri e madri, insegnate ai vostri figli i mieri comandamenti».
Ahimè! fratelli miei, ci sono dei fanciulli che hanno nove o dieci anni, che non sanno ancora una preghiera per intero.
Ditemi, padri e madri, quale giudizio si potrà avere di voi, se non che avete minor cura dei vostri poveri figli, e cioè delle loro povere anime, che sono costate tanto a Gesù Cristo, di quella che avete verso le vostre bestie, che tenete nelle vostre stalle.
Se amate i vostri figli, non vi dovete fidare di loro, quando dicono di aver fatto le loro preghiere; dovete sentirli voi stessi.
San Tommaso ci dice che, da quando un figlio ha l’età della ragione, deve conoscere una sintesi della religione, come sono i principali misteri; e che si rendono fortemente colpevoli agli occhi di Dio i padri e le madri che trascurano di insegnarli ai loro figli.
Ecco che cosa san Tommaso vuole che i padri e le madri insegnino ai loro figli, nell’età della ragione: il mistero della Santissima Trinità, che è un solo Dio in tre Persone; che il Figlio si è incarnato nel seno della beata Vergine, per opera dello Spirito Santo, il 25 marzo; che è nato nel giorno di Natale, che è morto per noi su una croce, il Venerdì santo, che è risuscitato il giorno di Pasqua, che è salito al cielo nel giorno dell’Ascensione; che ha mandato il suo Spirito Santo ai suoi apostoli, nel giorno di Pentecoste.
Poi, quando i figli sono un po’ più grandi, bisogna insegnare loro il giorno in cui Gesù Cristo ha istituito l’adorabile sacramento dell’Eucaristia, con tutti gli altri sacramenti, e le disposizioni che bisogna avere per riceverli.
Se non possono ancora comprendere bene i tre atti, bisogna far dire loro questa formula abbreviata: «mio Dio, io credo in Te; mio Dio, io spero in Te; mio Dio, io ti amo con tutto il mio cuore».
Bisogna, ci dice san Tommaso, parlare loro spesso della felicità del Paradiso, che è preparato per i figli molto saggi; e per ispiare in essi un grande orrore del peccato, bisogna far loro comprendere, per quanto possibile, come il buon Dio punisca nell’inferno, con dei castighi terribili, un solo peccato mortale.
E’ in questo modo che si comportava santa Bianca, verso suo figlio san Luigi; ella gli fece concepire un tale orrore del peccato, che si pensa che egli non abbia mai commesso un solo peccato mortale, e che abbia avuto la fortuna di portare l’innocenza del suo Battesimo fino in cielo.
Questo santo re diceva che egli si ricordava sempre di queste parole di sua madre, e cioè che ella preferiva vederlo morire, piuttosto che commettere un peccato, e che egli non doveva temere nulla, se non il peccato.
Essendo re, chiese un giorno a uno dei suoi ufficiali se avrebbe preferito essere ricoperto per tutta la vita dalla lebbra, oppure commettere un peccato; quel pover’uomo gli rispose che preferiva meglio commettere un peccato, che essere coperto dalla lebbra.
Il re gli disse: «Amico mio, tu non hai mai capito che cosa sia un peccato, e come la repulsione della lebbra non sia nulla, in confronto al peccato».
O felice quel figlio, al quale i genitori abbiano ispirato un simile orrore del peccato!

Il sant’uomo Tobia diceva a suo figlio: «Figlio mio, stai molto attento a non commettere mai un peccato».
Quando si vide vicino a morire, fece venire suo figlio presso il suo letto, e gli disse: «Figlio mio, ti lascio tua madre, abbi cura di lei, ma, soprattutto ti raccomando di evitare le cattive compagnie; guardati bene da ogni iniquità, non fare torto a nessuno, fai l’elemosina per quanto puoi; ti raccomando di avere un grande timore di Dio.
Sarebbe meglio morire, figlio mio, che offendere il buon Dio» (Tobia 4,5-11).

Sì, fratelli miei, noi vediamo che il buon Dio tiene in tale conto un padre che istruisce bene i suoi figli, che quando volle distruggere Sodoma e Gomorra con il fuoco dal cielo, disse: «Non voglio nascondere questo al mio servo Abramo, perchè so che egli insegna ai suoi figli a custodire la mia legge».

Oh! quanto il buon Dio ama i padri e le madri che istruiscono i loro figli sui doveri di religione, e come si compiaccia nell’effondere su di loro le sue benedizioni!
Ascoltate ciò che ci dice santa Teresa, e cioè che suo padre e sua madre si dedicavano completamente a insegnarle a servire il buon Dio, e così ella è divenuta una grande santa.
Guardate ancora il padre e la madre di san Bernardo: essi avevano istruito così bene i loro figli, che divennero tutti santi.

Leggiamo nella storia che una madre aveva un figlioletto che aveva appena cinque anni.
Poichè si era in tempo di persecuzione, questa madre diceva spesso a suo figlio: «Ah! figlio mio, se avrai la fortuna di amare molto il buon Dio, e di evitare il peccato, avrai la felicità di andare in cielo; ma se avrai la disgrazia di commettere il peccato, andrai all’inferno».
Ella lo portava, sebbene così piccolo, a tutte le istruzioni che riusciva ad ascoltare.
Essendo stata presa dai barbari, in quanto cristiana, insieme a suo figlio, chiesero alla madre di manifestare che cosa fosse: ella rispose che era cristiana.
Avendo separato da lei suo figlio, chiesero al bambino che cosa fosse: questo rispose che era e voleva morire cristiano.
Lo minacciano, lo fanno digiunare, lo frustano: egli non diceva altro se non che era cristiano e che voleva morire cristiano.
Siccome non riuscivano a concludere nulla, lo condussero con la madre sul patibolo, nella speranza che la tenerezza della madre e del figlio, li avrebbe indotti a rinunciare a Gesù Cristo; ma, non appena la madre ebbe visto suo figlio gli gridò: «Coraggio, caro figlio mio, coraggio: dobbiamo morire cristiani».
Quella povera madre aveva fatto tante preghiere a Dio, per chiedergli la perseveranza per suo figlio.
Allora, quel povero figlioletto, che aveva sofferto tanto, senza avere nè bevuto nè mangiato, poichè moriva di sete, disse alla madre: «Ahimè! madre mia, ho sete!».
«Coraggio, figlio mio, gli disse la madre, andrai a bere in Paradiso».
Quel povero piccolo innocente non disse più nulla; levò i suoi occhietti verso il cielo, e stese il collo al carnefice, che gli tagliò la testa.
Quando la madre vide che suo figlio aveva perduto la vita per il buon Dio, gridò: «Fate di me quello che volete, perchè mio figlio è in Paradiso!».
Allora le tagliarono la testa.
O figlio fortunato, ad avere una simile madre!
O madre fortunata, per avere un simile figlio!

Sì, fratelli miei, è certissimo, da quest’esempio, e voi dovete convenirne con me, che la santità dei figli dipende dalle istruzioni che i genitori impartiscono loro durante l’infanzia.
Ahimè! mio Dio! oggi non vediamo più i padri e le madri, allevare i loro figli in questo modo.
E così, che cosa diventano la maggior parte dei figli dei nostri giorni?
Sono dei poveri figli che hanno già mille volte trasgredito i comandamenti di Dio, senza conoscerli; che hanno lo spirito e il cuore pieni degli affari mondani, senza sapere nemmeno perchè Dio li abbia creati e per quale fine stiano sulla terra, e neppure cosa debbano temere o sperare nell’altra vita.
Sapete cosa mi viene da pensare, quando mi portate un bambino da battezzare?
Dopo averlo posto nel numero dei figli di Dio, dico fra me: «Ah! povero figlio! se il buon Dio ti facesse la grazia che, la stessa penna che attesta che sei diventato figlio di Dio, potesse dimostrare che non appartieni più a questo mondo, quale felicità per te!
Se vivrai ancora un po’ di tempo, il mondo e il demonio faranno tutto quello che possono per farti perdere.
Ma la peggiore disgrazia è che i tuoi stessi genitori, che dovrebbero allontanarti dal male, saranno, forse, i primi a precipitarti nel peccato, con i loro consigli perniciosi e con i loro cattivi esempi».

Ahimè! mio Dio! cosa si deve mai pensare dei figli, vedendo la condotta dei genitori che sono così poco devoti?
Questi poveri figli vedono i genitori così indifferenti verso la loro religione, che non fanno nulla per assicurare la salvezza delle loro povere anime; che, spesso, non fanno le loro preghiere nè la mattina e nè la sera, oppure, se fanno qualcosina, la fanno in una maniera tanto miserabile; che dimostrano chiaramente di non essere affatto attenti ai loro poveri figli, i quali sono testimoni che i loro genitori non fanno il precetto pasquale, e non si confessano quasi mai; che mancheranno per molte domeniche di seguito a tutti i santi uffici; che lavorano di domenica; che mangiano carne nei giorni proibiti; che non hanno che cattivi discorsi sulla bocca; che non parlano che di cose mondane, di ricchezze, e quasi mai del buon Dio; dei genitori che non respirano altro che vendetta!
Ahimè! che cosa possono diventare i figli presso una tale scuola?

Noi diciamo, fratelli miei, che il secondo dovere dei genitori è quello di dare il buon esempio ai loro figli.
Mio Dio! dove sono i buoni esempi che i genitori danno ai loro figli? o, piuttosto, quali sono i cattivi esempi che essi non diano loro?
Se abbiamo detto, fratelli miei, che l’ignoranza nella quale i genitori lasciano i loro poveri figli è tanto deplorevole agli occhi della fede, aggiungiamo anche che, necessariamente, si danneranno per i cattivi esempi che danno loro.

Ahimè! poveri figli! se foste obbligati a seguire l’esempio dei vostri genitori, come sareste infelici!
Vi dannereste necessariamente!
Sì, padri e madri, se i vostri figli vogliono salvarsi, devono fare tutto il contrario di ciò che fate voi.
«Ma, mi direte voi, noi non diamo loro cattivi esempi».
Voi non date loro cattivi esempi?
Aprite dunque un istante gli occhi su quello che fate e su ciò che dovreste fare per allevare santamente i vostri figli.
Dimmi, caro padre, tu non fai il precetto pasquale, non ti confessi quasi mai; lo sai bene che è un peccato mortale, e che, se tu dovessi morire in questo stato saresti dannato.
Ebbene! dimmi, se tu vuoi che i tuoi figli seguano il tuo esempio, bisognerà dunque che neanche loro facciamo il precetto pasquale, e cioè che se i tuoi figli sono obbligati a camminare sulle tue tracce, dovranno assolutamente decidere di dannarsi!
Che ne pensi, caro padre? E’ così oppure no?
Tu dici di non dare il cattivo esempio ai tuoi figli, ma tu lavori nel santo giorno di domenica, mangi di grasso nei giorni proibiti, anche davanti ai tuoi figli; lo sai bene che è un peccato mortale.
Se vuoi che i tuoi figli ti imitino, quale strada vuoi far prendere ai tuoi figli?
Quante volte i tuoi figli ti hanno visto gettarti sul letto, se posso dirlo, come un cavallo sul suo letame, senza farti nessun segno di croce?
Allora, se i tuoi figli dovessero imitarti, bisogna che essi non manifestino nessun segno di religiosità.
Quante volte i tuoi figli ti sentono dire delle parole indecenti, che iniettano il veleno nelle loro povere anime!

Non andiamo oltre, fratelli miei, piangiamo la disgrazia dei genitori e dei figli, che si trascinano ogni giorno all’inferno.
«Ma, mi dirai forse, quando sento dire da loro delle cattive parole, so bene come imporre loro il silenzio e come castigarli».
Sì, senza dubbio, ma hai un bel da fare a proibire ai tuoi figli ciò che tu stesso fai.
Non potrebbero dirti o, se non osano dirlo, potrebbero almeno pensarlo: «Medico, guarisci te stesso»?
«Padre mio, comincia a correggere te stesso e dopo dirai a me di correggermi».
Ahimè! povera madre cieca!...
Siate ben certi, fratelli miei, che i vostri colpi e il vostro bastone non servono a molto.
Eccovi un esempio.
Si racconta nella storia che c’era una madre che cercava di allevare suo figlio, come meglio poteva.
Ma siccome il padre non aveva nessuna religione, guastava tutto ciò che la madre faceva.
Un giorno che il figlio si trovava un po’ di cattivo umore, facendo la sua preghiera, mentre suo padre si trovava a passare di là, si alza, corre per saltargli al collo dicendo: «Padre mio, è vero che quando sarò grande come te, finalmente non farò più nessuna preghiera?».
Vedete dunque molto bene che tutto ciò che potete dire ai vostri figli va perduto, a causa dei cattivi esempi che date loro.

Ascoltatemi un istante, e vedrete quanto sia ridicola la vostra condotta.
Voi dite a vostro figlio che non si deve giurare, e che giurando, si offende il buon Dio; e avete ragione; ma siete compresi voi stessi tra quelli ai quali rivolgete il rimprovero? Perchè anche voi giurate!
Se sentite dire ai vostri figli delle parole grossolane, voi li riprendete, e fate benissimo; ma mentre li riprendete ne dite voi stessi altre ancora più grossolane.
Un padre dice a suo figlio: «Figlio mio, devi essere buono, affabile con tutti, e avere pazienza».
Certamente, tu parli come un buon padre; ma cosa deve pensare tuo figlio sentendoti parlare così, se poi ti ha visto un momento prima alterarti contro sua madre, o forse maltrattare un domestico, o querelare un vicino?
Non è vero, amico mio, che è troppo faciler parlare così a vostro figlio?
Dimmi, caro padre, avresti il coraggio di dire a tuo figlio: «Figlio mio, non bisogna frequentare i cabarets e ubriacarsi: è un grosso peccato, è consumare il proprio denaro a sproposito», quando poi non sono ancora passati otto giorni che ti ha visto tornare dal cabaret, pieno di vino, avendo meno senno di una delle tue bestie che sono nella stalla, con un furore simile a quello di un leone che corra a divorare tutto ciò che gli si para davanti?
«Figlio mio, dirà forse questo buon padre, non bisogna voler male a nessuno:lasciamo la vendetta a Dio solo». Questo va benissimo, ma poco fa avevi detto che un tale ti aveva imbrogliato e che alla prima occasione se ne sarebbe pentito.
Ditemi, che ne pensate di tutto ciò?
E’ quello che fate, sì o no?
Vedete bene che voi distruggete con i vostri cattivi esempi tutto il bene che i vostri insegnamenti potrebbero fare.
Si dice anche che le parole possono persuadere, ma che gli esempi trascinano.
Se volete che i vostri figli si comportino bene, e cioè che siano saggi, cominciate a esserlo voi; fate in modo che tutto ciò che fate, i vostri figli possano imitarlo.
E’ veramente una cosa spaventosa voler rimproverare agli altri ciò che facciamo noi stessi.
Guardate quella madre che dice a sua figlia: «Figlia mia, non bisogna disprezzare nessuno, ama tutti».
Ma non ci pensi, cara madre, che poco fa ella ti ha sentito parlare male della tua vicina?
«Stai attenta, figlia mia, le dirà, non bisogna correre dietro ai piaceri; questo non produce nulla di buono».
Hai senz’altro ragione, se ella seguisse quello che dici e non quello che fai, sarebbe felice.
Ma ti sei dimenticata che poco fa le hai fatto il racconto di tutte le follie della tua giovinezza, alle quali non dovresti pensare se non per piangerle per il resto dei tuoi giorni?
A sentirti parlare sembra che tu rimpianga di non poterti più dedicare a quelle follie, e poi vorresti che i tuoi figli se ne vergognino?

Dopo una condotta come la vostra, padri e madri, lamentatevi che i vostri figli non valgano nulla, che sono spergiuri, testardi, vendicativi, ubriachi, libertini.
Se non temessi di contristarvi, vi direi che essi seguono semplicemente il cammino che voi avete tracciato loro; essi fanno ciò che hanno visto fare a voi; essi hanno dimenticato le vostre lezioni e le vostre belle rimostranze, e seguono la vostra condotta; e per tagliare ancora più corto, essi vi assomigliano.
E sebbene possiate pensare che non sia vero, non cessa di essere questa l’unica verità.
Conveniamo tutti insieme che, se i figli non hanno religione, questo non deve essere attribuito che ai genitori; e nel giono del Giudizio, il buon Dio ve ne farà convenire, senza che possiate trovare nessuna scusa.

Ma se non avete perduto del tutto la fede e la ragione, vi accorgerete che quasi tutti i genitori che sono stati buoni cristiani, hanno avuto dei figli santi.
Ne volete un altro esempio? Ascoltatemi un istante.

Si racconta nella storia che c’era, in Giappone, un padre e una madre che, avendo abbracciato la religione cristiana, erano crudelmente perseguitati dai barbari.
Essi si aspettavano ogni giorno di subire il martirio.
Questi avevano un figlioletto di nove o dieci anni.
Un giorno, stando vicino al fuoco, il marito diceva alla moglie: «Speriamo bene che un giorno il buon Dio ci faccia la grazia di morire martiri; ma che ne sarà del nostro povero figlio? Forse rinuncerà alla sua religione; dobbiamo raddoppiare le nostre preghiere affinchè il buon Dio gli dia la grazia e la forza di soffrire per Gesù Cristo».
Nel frattempo il figlio, che non faceva trasparire nulla, prese un pezzo di ferro e lo mise nel fuoco.
Quando lo ebbe fatto ben arroventare, ritornò dai suoi genitori, e se lo pose sulla mano con un coraggio incredibile.
Il padre, tutto stupito, corre a togliergli il ferro che, in un istante, gli aveva bruciata tutta la mano; poi gli chiese che cosa pretendesse di fare:
«Padre mio, gli risponde il fanciullo, è per farvi vedere che io spero di avere la forza di soffrire tanto quanto voi, con la grazia del buon Dio».
Questo buon padre abbraccia suo figlio, vedendo delle disposizioni così buone nel suo povero piccino.
Felice ricompensa, fratelli miei, per le cure di una buona educazione che essi avevano impartito al loro figlio.
Sì, fratelli miei, dal momento in cui un figlio è battezzato, per quante cattive inclinazioni possa avere, siamo sicuri che se i genitori vorranno dargli le cure che il buon Dio desidera, essi ne faranno un santo.
Vi ripeterò ogni giorno che, se i vostri figli non hanno nessuna religione, ciò dipende esclusivamente dalla vostra sola colpa, e che la dannazione dei vostri poveri figli non deve essere attribuita che alla vostra negligenza o alla vostra ignoranza, e a nient’altro.

Eccovi un esempio che vi mostrerà che se la negligenza o l’ignoranza fa perdere tanti figli, è vero anche che le cure, la preghiera e le sante istruzioni, possono salvarli.

Si racconta nella storia che san Giovanni evangelista, trovandosi in una città, volse lo sguardo verso un giovane, il cui bel fisico lo aveva colpito; poi si voltò verso il vescovo del luogo, dicendogli: «Ti raccomando molto questo giovane, io te lo lascio, in presenza di Gesù Cristo e della sua Chgiesa, come un deposito».
Il vescovo gli promise di prendersene cura.
Dopo qualche tempo san Giovanni se ne tornò a Efeso.
Quel vescovo prese il giovane che san Giovanni gli aveva affidato, lo nutrì, lo custodì presso di lui e, dopo averlo ben istruito lo battezzò.
Ma, poco alla volta, cominciò a trascurarlo e, avendogli concesso troppa libertà, quello cominciò a frequentare altri giovani che lo fecero perdere.
Egli si spinse così oltre, che si mise con una brigata di ladri...
Alla fine, disperando della sua salvezza, non pensò più ad altro se non a dedicarsi a tutto ciò che il suo cuore potesse desiderare.

Avendo dunque con lui una brigata di giovani storditi come lui, fondò un gruppo di ladruncoli.
Poichè era molto audace, si mise alla loro testa e divenne il più violento e il più crudele di tutti.
Qualche tempo dopo, san Giovanni si trovò a passare nella stessa città; va a trovare il vescovo, dicendogli di restituirgli il deposito che gli aveva affidato.
Il vescovo, non ricordandosi più di quel giovane, pensò che gli stesse chiedendo qualche altro deposito che gli aveva lasciato.
San Giovanni, vedendolo in imbarazzo gli disse: «Di quel giovane che ti ho lasciato quando sono partito, che cosa ne hai fatto? che cosa è diventato?».
Allora il vescovo, abbassando gli occhi, gli disse con un profondo sospiro e in lacrime, che era morto.
«E come, gli chiese san Giovanni, di quale morte?».
«E’ morto nella sua anima, rispose il vescovo, poichè è diventato un malvagio, un riprovato; e, per dirti tutto, è diventato un ladro che ora, invece di frequentare la chiesa, come prima, vaga per le montagne, o dimora con una brigata come lui, e sgozza le persone per derubarle».
San Giovanni, ascoltando queste parole, si strappa le vesti; poi, emettendo un profondo sospiro e colpendosi la testa, dice al vescovo:
«Sì, è vero, io ho lasciato te come fedele custode dell’anima di tuo fratello! Datemi un cavallo e fornitemi una guida».
Subito esce dalla chiesa, sale sul cavallo e corre verso il luogo che gli avevano indicato.
Al suo arrivo, le sentinelle dei ladroni corsero per catturarlo. Ma egli non si mosse.
«Mostratemi, disse loro, il vostro capitano».
Lo condussero dal giovane che lo aspettava con le armi in pugno. Ma, non appena riconobbe san Giovanni che veniva da lui, la vergogna l’obbligò a fuggire.
Ma il santo gli gridò: «Figlio mio, perchè fuggi da tuo padre, un uomo vecchio e disarmato?
Abbi pietà di me e non temere; c’è ancora speranza per la tua salvezza; risponderò io stesso per te presso Gesù Cristo. Se è necessario soffrirò volentieri la morte per te, come la soffrirei per voi tutti messi insieme; io darei la mia anima per la vostra.
Figlio mio, fermati e credi che è Gesù Cristo che mi manda a te».
Il giovane, sentendo parlare così san Giovanni, si fermò subito, tenendo gli occhi fissi per terra; poi infranse le sue armi e, colto da orrore, pianse amaramente.
Quando vide che il santo vegliardo si avvicinava, corse ad abbracciarlo; le sue lacrime gli servirono molto bene come Battesimo. Solamente, nascose la sua mano destra che si era sporcata di tanti crimini.
Allora san Giovanni gli promise con giuramento che si sarebbe caricato dei suoi peccati presso Gesù Cristo; poi, messosi in ginocchio davanti a lui, gli baciò proprio la mano destra, che era stata lavata dalle sue lacrime.
Lo riportò in chiesa e non si separò più da lui, prima di averlo rimesso e ben confermato sulla via della salvezza.
Quello divenne, in seguito, un grande santo, che ha guadagnato molte anime con le sue preghiere, le sue istruzioni e i suoi esempi.

Ditemi, padri e madri, i vostri figli, che voi vedete così tranquillamente dannarsi, dicendo che non potete fare di più, si sono forse allontanati di più di quel giovane che san Giovanni va a cercare?
Avete anche voi lasciato tutto per corerre dietro ad essi, come fece san Giovanni?
Avete esposto la vostra vita, per salvare le loro anime?
Avete versato lacrime amare, come fece quel santo, per ottenere perdono per loro?
Vi siete impegnati a rispondere per loro al Tribunale di Gesù Cristo?
Voi non riuscite, dite, a obbligare i vostri figli a servire il buon Dio; ma, ditemi, cari padre e madre, dove sono dunque tutti i vostri sforzi? dove sono le vostre lacrime? dove sono le vostre penitenze e le vostre elemosine?
Voi dite di non riuscire a farli rinsavire, ma in realtà non lo sapete, perchè non ci avete neppure provato.
Andate, disgraziati! il buon Dio vi aspetta, ed Egli vi farà vedere bene che se aveste voluto, li avreste potuti salvare, e che la loro perdita non è dipesa che da voi stessi!

Io credo, fartelli miei, di essermi molto sbagliato, facendovi questa istruzione, che tende a farvi comprendere la gravità dei vostri doveri verso i vostri figli, e quanto siate obbligati a lavorare per la loro salvezza: avrei dovuto, piuttosto, cominciare a farvi comprendere la necessità in cui vi trovate, di lavorare alla vostra propria santificazione, e una volta convinti per bene della necessità che avete di salvare voi stessi, non avrei avuto molta difficoltà a farvi conoscere la cura che dovete avere dell’anima dei vostri figli.
Come, infatti, potrei convincervi a fare per i vostri figli, ciò che non fate per voi stessi?
Se i vostri figli vi vedessero lavorare con premura alla loro salvezza, essi direbbero, e a ragione: «Mio padre e mia madre fanno come i ciarlatani che vogliono far credere agli altri delle cose a cui non credono loro stessi».
Noi vediamo tutti i giorni che i genitori che lasciano così tranquillamente perdere i loro figli, si perdono altrettanto tranquillamente essi stessi.
O mio Dio, quale disgrazia per questi poveri figli, nascere da genitori senza religione!
La loro dannazione è quasi assicurata, senza un miracolo, che però accade molto raramente.
Se non temessi di darvi fastidio, vi mostrerei nei vostri figli, tutta l’iniquità dei loro genitori, e in altri, tutte le virtù degli stessi, senza sbagliarmi in nulla.
Tuttavia non voglio farlo: preferisco pregare il buon Dio che cambi i vostri cuori, affinchè possiate lavorare a cambiare quelli dei vostri figli.
Come sarebbe bello, ci dice un padre della chiesa, se si vedesse, di tanto in tanto, un padre o una madre con un crocifisso in mano, mostrare ai propri figli ciò che Gesù Cristo ha sofferto per salvarli, e quanto il peccato sia detestabile!
Come i loro figli cambierebbero subito!
Ma, ahimè! nel tempo in cui viviamo, i genitori si vergognerebbero a farlo.
Tuttavia niente tocca così vivamente un cuore più di questo discorso.
Infatti, leggiamo nella storia, che c’era un padre che era vedovo e aveva solo una figlioletta.
Un giorno, questa, cercando qualcosa nell’armadio della sua defunta madre, trovò per caso un crocifisso: lo portò a suo padre, dicendogli: «Padre mio, che cos’è questo?».
«Figlia mia, le disse il padre, è un crocifisso».
«Ma, gli disse la figlia, che cosa vuol dire “un crocifisso”?».
«Ebbene! ascoltami; tu sai che il Figlio di Dio è disceso dal cielo, che si è fatto uomo per salvarci, che senza di Lui noi saremmo tutti perduti, che ha trascorso tutta la sua vita nella penitenza, a piangere i nostri peccati; Egli ha insegnato agli uomini cosa bisogna fare per guadagnarsi il cielo, che è la felicità che ci ha guadagnato con tutte le sue sofferenze.
I Giudei lo hanno trattato crudelmente, lo hanno fatto morire su una croce; lo hanno coronato di spine, lo hanno flagellato, lo hanno innalzato su una croce, ed Egli è morto con questo supplizio, dopo aver sparso tutto il suo sangue, prima di morire. Ha chiesto perdono per noi. Ebbene! figlia mia, le dice il padre, ecco che cosa ti ricorda questo crocifisso».
Poi il padre, vedendo che la sua piccola ascoltava con molto interesse, le dice: «Lo sai, figlia mia, chi è che ha trattato Gesù Cristo in questo modo?».
«No, gli risponde la bambina».
«Ahimè! figlia mia, sono stati i nostri peccati e quelli di tutto il mondo, la causa di tutte le sue sofferenze, e della sua morte.
Ricordati, figlia mia, che tutte le volte che avrai peccato, tu hai farai soffrire Gesù Cristo, e aiuterai chi lo faceva morire».
Vedendo che le lacrime colavano dagli occhi della sua bambina, aggiunse: «Ah! figlia mia, vorresti continuare ancora ad affliggere Gesù Cristo? Non desideri piuttosto amarlo?».
Questa povera figlia, non potendo più contenersi, tanto il suo tenero cuore si era intenerito al racconto delle sofferenze di Gesù Cristo, prende il crocifisso dalle mani di suo padre e piangendo a calde lacrime: «Ah! padre mio, di grazia, dammi questo crocifisso».
Allora corre a chiudersi nella sua camera, si getta ai piedi del suo crocifisso, lo abbraccia e lo bagna con le sue lacrime.
«Ah! mio Dio! grida questa povera figlia, sono dunque io che ti ho fatto tanto soffrire! Mio Dio, perdonami, per favore.
Ah! se avessi saputo che ti avrei fatto tanto male, giammai avrei fatto quello che ho fatto.
Mio Dio! perdona la mia ignoranza».
Ma non si trattò solo di quel momento: la grazia del buon Dio operò un tale cambiamento in quel piccolo cuore, che ella divenne un modello di virtù per tutta la parrocchia.
Quando aveva qualche pena, subito si gettava ai piedi del suo crocifisso, dicendogli: «Mio Dio, come oserei lamentarmi, vedendo ciò che Tu hai sofferto per me?».
Un giorno che fu molto maltrattata da un bruto, che l’aveva scambiata per un’altra, sfuggita dalle sue mani ,andò a prostrarsi davanti al suo crocifisso, dicendogli: «Mio Dio, quando eri sulla croce, Tu hai perdonato a coloro che ti hanno fatto morire; ebbene! mio Dio, anch’io perdono di buon cuore a quest’uomo che mi ha maltrattata».
Per mostrargli che non gli voglio alcun male, vorrei avere l’occasione di rendergli qualche servizio; infatti, dopo qualche tempo, quell’uomo cadde; la piccola disse a suo padre che non sapeva se era quello che l’aveva battuta, e chiese di potergli portare qualcosa; il padre le accordò ciò che domandava.
«Tieni, gli disse la piccola, ecco che cosa ti porto: non ho detto a mio padre quello che mi hai fatto, per paura che...».
Quell’uomo, vedendo la carità di quella piccola, si mise a piangere; la ringraziò e le chiese perdono.
Un giorno che vide una delle sue vicine desolata, perchè suo marito si mangiava tutto ciò che aveva, nei cabarets, ella le disse: «Mia cara vicina, tu, dunque, non possiedi un crocifisso in casa tua?».
«Ma sì, ne possiedo uno».
«Ma se ne hai uno, allora non ti serve a niente? Vai, mia cara amica, ai suoi piedi, e là imparerai a soffrire per un Do che ha tanto sofferto per noi senza lamentarsi, sebbene fosse innocente».
Queste parole fecero tanta impressione sul cuore di quella donna che divenne un modello di pazienza; non la si sentì più lamentarsi e, ancor più, ella ebbe la felicità di convertire suo marito.
Quanto alla povera figlioletta, ella ebbe la felicità di morire della morte dei santi.

Ebbene, chi le procurò questa grazia? non furono forse le istruzioni che suo padre le impartì, soprattutto facendole il racconto delle sofferenze di Gesù Cristo?
Ahimè! fratelli miei, quanti hanno dei figli di diciassette o vent’anni, ai quali non hanno mai detto una sola parola sulle sofferenze di Gesù Cristo?
Ahimè! fratelli miei, quanti altri, forse, che non hanno nessun crocifisso nella loro casa, oppure, se ce l’hanno, li hanno seppelliti nella polvere o nelle ragnatele; essi si preoccupano di pulire i loro solai tutti i sabati, ma non hanno alcuna difficoltà a lasciare il loro Salvatore tra le cianfrusaglie.
Mio Dio! e questi sarebbero dei cristiani? e questi sarebbero dei padri, delle madri, che il buon Dio non ha messo sulla terra che per condurre dei figli in cielo?
Chi mai potrebbe piangere abbastanza la grandezza del loro accecamento?
Ahimè! quanti poveri figli, dannati per tutta l’eternità!
Non è forse vero, fratelli miei, che se i vostri figli non hanno nessuna religione, è perchè voi non volete prendervi il fastidio di istruirli, nè di dare loro il buon esempio?

Ho detto dunque che il terzo dovere dei genitori, è quello di correggere cristianamente i loro figli.
Noi vediamo molto raramente dei genitori che correggano i loro figli, secondo Dio.
Ditemi, fratelli miei, come volete che i vostri figli siano assennati, vedendo ciò che fate per loro, e cioè avendo così poco a cuore la loro salvezza?
Ahimè! se posso osare, vi dirò che ci sono dei genitori che hanno meno a cuore di salvare l’anima dei loro figli, di quanto non abbiano a cuore la conservazione delle loro bestie.
O mio Dio! quale crudeltà! Se ne dubitate, ascoltatemi.
Non è forse vero che voi preferite meglio mandare le vostre bestie nei campi di domenica, durante i santi uffici, piuttosto che lasciarle nella stalla, per far venire i vostri figli in chiesa, per farli istruire sui loro doveri, su ciò che devono fare per guadagnarsi il cielo e per salvare la loro povera anima?
Non è forse vero che vi comportate così quasi tutte le domeniche?
«Ma, mi direte voi, se osate dirlo, noi non possiamo lasciare le nostre bestie nella stalla».
Ma tu non ragioni bene, amico mio: sarebbe come dire che tu preferisci che le anime dei tuoi figli periscano e si dannino, piuttosto che le tue bestie non abbiano abbastanza da mangiare.
Non cercate delle scuse, fratelli miei, confessate francamente che è così, e direte la verità.
Ascoltate ciò che il Signore vi dice: «Gli animali scoprono le loro mammelle ai loro piccoli, ma il mio popolo rifiuta il latte della Parola ai loro figli».
Sì, fratelli miei, se i vostri figli rendono infelice la vostra vecchiaia, ve lo siete cercato voi con la vostra negligenza nell’istruirli, nel formare il loro cuore per il buon Dio; e così cominciate già da questo mondo a pagare la vostra negligenza.
Mio Dio! quanti genitori infelici nei giorni della loro vecchiaia!

Abbiamo detto che ci sono molto pochi genitori che correggano cristianamente i loro figli: alcuni accettano tutto, con la scusa che i figli sono ancora giovani, e che non conoscono il male che fanno.
Vi sbagliate grandemente.
I figli, ci dice san Basilio, conservano ordinariamente per tutta la loro vita, la piega che hanno preso durante la giovinezza.
Se i vostri figli vi danno un dispiacere quando sono grandi, la sola causa è che voi non li avete corretti come avreste dovuto, quando erano piccoli.
Volete che i vostri figli vi rendano felici nella vostra vecchiaia? non fategliela passare liscia, senza far loro conoscere il male che fanno; voglio dire che, se le parole non bastano, dovete castigarli.
Ma ecco, voi non lo fate, perciò sia voi che i vostri figli sarete puniti già da questo mondo.
Si racconta nella storia che un padre, che aveva un figlioletto, si compiaceva a sentirlo bestemmiare.
Quello aveva ogni giorno il demonio sulla bocca.
Un giorno che era malato, stando sulle ginocchia di suo padre, si strinse alla sua spalla dicendo: «Ah! padre mio, il demonio mi rapisce!», e morì in quel momento.
Ahimè! se quel padre avesse avuto l’accortezza di non lasciarlo bestemmiare, col pretesto che era piccolo, questa disgrazia non gli sarebbe successa.
Ahimè! fratelli miei, quale giudizio si deve dare su alcuni padri e madri, allorchè si sente che i loro figli bestemmiano, se non pensare: ecco un figlio che appartiene a dei genitori senza religione.
Ci sono altri che fanno tutto il contrario, che per un nonnulla si lanciano addosso e li pestano, perchè un figlio ha rotto qualcosa che valeva appena un soldo, e spesso, quello neppure si è reso conto della sua colpa...; il padre o la madre, prendendoli a calci o col bastone, forse li storpieranno a vita.
In questo modo non li correggono, ma li maltrattano e li brutalizzano.
Le bestemmie e le maledizioni sono sempre a portata di mano in quelle occasioni.
Poveri figli, quanto siete disgraziati per essere nati da tali genitori che necessariamente vi faranno dannare per i cattivi esempi e per le maledizioni, che non cessano di vomitarvi addosso; questipadri e madri non conoscono ciò che devono fare con i loro figli, più degli stessi pagani che non hanno mai sentito parlare del vero Dio.
«Ma, mi direte voi, bisogna pure batterli, se non ci ascoltano. Si è obbligati ad andargli addosso con calci e pugni, se si vuole essere obbediti, se agiscono al contrario».

Passo sotto silenzio ciò che meritereste, perchè mancate così ai vostri doveri. Vi dico solo: bisognerebbe, prima di sposarvi, vedere se sapete che siete dei cristiani, e che il matrimonio è un sacramento, e che dopo questo mondo ce n’è un altro, oppure se pensate che dopo la morte finisca tutto.
Non ti comporti forse, amico mio, come se, per adempiere un dovere, bisognasse mancare a tutto ciò che la religione e la stessa ragione, e l’umanità, ci impongono?
Lo sai, amico mio, ciò che risulta da tutte le tue brutalità?
Ne risulta che i tuoi figli non temono affatto te, ma i tuoi colpi; e quando non temeranno più i tuoi colpi, si prenderanno gioco di te, e ti disprezzeranno.
Ahimè! è quello che vediamo ogni giorno.
«Ma, mi direte voi, che dobbiamo dunque fare per correggerli santamente?».
Cosa devi fare, amico mio? proprio ciò che non fai.
Ascoltami: non devi mai castigare i tuoi figli nel momento in cui sei nella collera, ma aspettare sempre di esserti calmato, poichè altrimenti, più che renderli migliori, non farai altro che renderli ancora più cattivi.
Comincerai col far capire loro il male che hanno fatto, e cioè l’oltraggio che il loro peccato fa a Dio, e i castighi che il buon Dio farà subire loro nell’altra vita, se non si correggono.
Voi stessi dovete domandare a Dio di benedire la vostra correzione, e mai maledirli.
O mio Dio! dei genitori, possono mai aprire la bocca per maledire i loro poveri figli, che appartengono tutti a Gesù Cristo, e per i quali Egli è morto?
Sì, fratelli miei, dei figli che i genitori non correggono cristianamente, di solito fanno una fine molto disgraziata, disonorevole.
Non voglio soffermarmi su questo, perchè altrimenti non finiremmo più.
Vi dirò, fratelli miei, per incoraggiarvi un po’: se avete voglia di salvare voi stessi e l’anima dei vostri figli, quando avete fatto ciò che potete per istruirli bene, per dar loro l’esempio, per correggerli; quando, dopo tutto questo, non riuscite a condurli dalla parte del buon Dio, non resta che fare ricorso alla preghiera, non resta che umiliarvi davanti al buon Dio, pensando che siete voi stessi la causa dello stato disgraziato in cui versano i vostri figli; che un cattivo albero, come voi siete, non poteva portare un buon frutto
Il sant’uomo Giobbe, che aveva sette figli e tre figlie, ci dice che si alzava di buon mattino per pregare il buon Dio per i suoi figli, e che offriva tutti i giorni dei sacrifici per ottenere dal buon Dio che diventassero assennati.
Guardate anche santa Monica...
Fate lo stesso, fratelli miei, pregate ogni giorno per i vostri figli, fate più elemosine che potete, in loro favore; fate dire qualche messa, offrite qualche comunione per loro; metteteli ogni mattina sotto la protezione della santa Vergine.
Quale consolazione, se vedrete i vostri figli con voi in cielo!
Ma anche, quale infelicità, se avrete la disgrazia di ritrovarvi tutti all’inferno!

Dionigi il certosino, racconta che un santo padre del deserto gli aveva detto di aver visto un giorno, in visione, nell’inferno, un padre e un figlio incatenati insieme con una catena di ferro tutta arroventata al fuoco, e che si maledicevano a vicenda, e si mordevano l’un l’altro, e si straziavano come colpiti dalla rabbia (la malattia).
Il padre diceva a suo figlio: «Figlio maledetto, perchè non sei annegato nel ventre di tua madre? Perchè non sei stato strangolato nella tua culla? Sei tu la causa della mia dannazione!».
Egli chiama i demoni in suo aiuto, perchè tormentino più crudelmente suo figlio.
Il figlio, dal canto suo, malediceva suo padre dicendo: «Se tu mi avessi istruito a dovere, e mi avessi dato il buon esempio e mi avessi corretto, ora non mi troverei qui: sei tu la causa della mia perdizione».
A sua volta, chiama i demoni in suo soccorso, perchè lo aiutino a tormentare suo padre.
O vita terribile, e che dura eternamente!
O mio Dio! quanti genitori e figli che mi ascoltano, saranno in questo numero!
«Ma forse voi pensate: facciamo ciò che possiamo».
Fino a che non sarete dei cristiani migliori voi stessi, per dare il buon esempio ai vostri figli, e fino a che i vostri figli non diventeranno più saggi, io vi...(testo mancante; n.d.a.).
Se faceste ciò che potete, come quel padre di cui si racconta nella storia: egli aveva un figlio che le cattive compagnie avevano talmente pervertito, che aveva concepito il disegno di ucciderlo, per impossessarsi dei suoi beni; il padre....(testo mancante; n.d.a.).

E’ tempo di finire, fratelli miei, dicendovi che voi non avete fatto niente di ciò che dovevate fare, per condurre i vostri figli in cielo...
Dovete cominciare da voi stessi ad adempiere meglio i vostri doveri di religione, affinchè possiate raccomandare ai vostri figli di adempierli anche loro; fate in modo che non si scandalizzino mai della vostra condotta, ma, al contrario, che in tutto ciò che fate possiate dire loro: «Fate come me»; non dovete mai far passare un solo giorno senza pregare più volte per loro, e fare tutte le buone opere, le penitenze e le elemosine che potrete ancora fare, oltre a tutto il resto.
Altrimenti, devo concludere che vi trovate in grave pericolo di perdervi e di far perdere i vostri figli insieme a voi.
Pregate il buon Dio che vi faccia conoscere i vostri doveri che voi non avete mai conosciuto, per poter riparare in parte al male che avete fatto in passato, e per poter fare meglio in avvenire.
E’ questa la felicità che vi auguro.